Cultura
L’unica strada possibile
Un leader normale - ma non Berlusconi - valuterebbe il messaggio uscito ieri sera dal Quirinale per quel che è: il massimo di legittimazione politica che il Presidente della Repubblica poteva offrire a un capopartito, condannato per un reato pesante come l’evasione fiscale, che da oltre un mese invoca per sé l’agibilità, cioè il diritto di continuare a svolgere il suo compito nel rispetto dei nove milioni di elettori che gliel’hanno affidato. Napolitano s’è infatti rivolto al Cavaliere appellandosi al suo senso di responsabilità, ricordandogli quante volte, fin dal giorno della dura sentenza della Cassazione nei suoi confronti, abbia ribadito che non ci sarebbero state conseguenze per il governo e riconoscendogli in pratica il ruolo dell’unico che a questo punto possa salvarlo.
Si può solo immaginare cosa dev’essere costato al Presidente, che dopo la nota di Ferragosto si era ripromesso di non tornare più sull’argomento, licenziare questo messaggio.
Parole che pesano ancor di più nel giorno in cui vengono rese note le motivazioni di un’altra condanna, quella dei giudici di appello contro Marcello Dell’Utri per i suoi rapporti con la mafia, da cui vien fuori che Berlusconi, ormai quasi quarant’anni fa, si incontrò con uno dei boss di Cosa Nostra più potenti di Palermo. Ma tant’è: al momento la caduta del governo sarebbe talmente rovinosa per l’Italia - interrompendo il percorso virtuoso che ha portato il Paese a riguadagnare la fiducia perduta sul piano internazionale e riprecipitandolo nel vortice della crisi economica dalla quale sta cominciando ad uscire - che il Capo dello Stato, come ha detto nella seconda parte del suo messaggio, non considera possibile pagare questo prezzo.
Ma per far sì che l’auspicio del Presidente si avveri, è indispensabile che anche Berlusconi prenda atto del frangente drammatico in cui il Paese si trova e si risolva a fare un sacrificio. Il leader normale che il Cavaliere non è soppeserebbe la scelta di buttare giù Letta, senza lasciarsi andare al risentimento verso i suoi alleati-avversari del Pd (ma davvero poteva pensare che, davanti all’occasione di far rotolare la sua testa, avrebbero passato la mano?). Per misurare, invece, l’ipotesi di una rottura, se non dal punto di vista dell’interesse generale, sempre predicato, mai realmente considerato, almeno sotto il profilo delle convenienze e dei costi-ricavi per la sua parte. Anche se non è detto che, caduto il Letta-uno, subito nascerebbe il Letta-bis, con l’appoggio di una maggioranza mezza di sinistra, con Vendola, e mezza di transfughi del Movimento 5 Stelle e del Pdl, è sicuro al cento per cento che Napolitano non scioglierebbe le Camere, nè darebbe il via a nuove elezioni anticipate: da celebrarsi, per altro, con il Porcellum che la Corte costituzionale si prepara a cancellare entro dicembre. Così, sia che si arrivi al bis, sia che il Capo dello Stato con la sua fantasia trovi un’altra soluzione, il risultato, per Berlusconi, che attualmente ha quasi la metà dei ministri, sarebbe di ritrovarsi all’opposizione di un governo, o di un governicchio, che avrebbe al primo punto del programma la definizione di una nuova legge elettorale, da approvarsi con o senza il consenso del centrodestra, per tornare al voto la prossima primavera. Bel capolavoro, non c’è che dire.
Per quanto duro sia da accettare, Berlusconi deve rendersi conto che non c’è una soluzione che passi per la cancellazione o il rinvio sine-die del suo conto con la giustizia. Anche se si ritiene vittima di un’ingiustizia e lamenta da tempo l’accanimento di una parte della magistratura nei suoi confronti, quel conto, il Cavaliere, deve pagarlo. Tutto o in parte, dato che è possibile - Napolitano a Ferragosto non lo ha escluso - che a un certo punto intervenga in suo aiuto la grazia o un altro provvedimento di clemenza.
Non è affatto facile, va detto, prendere una decisione del genere. Ancor di più per un uomo come Berlusconi, che da vent’anni domina la scena politica italiana e gode ancora di un larghissimo seguito popolare. Ma la crisi di governo non cambia in nulla il dramma di questa scelta. Semmai lo aggrava.
Marcello Sorgi