Italia
D’Alema lo sfotte: “Vuole assaltare la Bastiglia con regine, re e baronesse”
La frecciata a Matteo: “Rivoluzionario? La nomenklatura è con lui”I
mmaginiamo che Matteo Renzi ieri fosse uno spiritello capace di volare, non visto, a Genova, alla festa del Pd, il suo partito, quello che aspira a guidare. Cosa avrebbe sentito, il convitato di pietra?
Mai fare l’esperimento di sentire gli «amici» che parlano di te. L’amico D’Alema, smagliante e dalemiano come mai, l’ha, a momenti alterni, consigliato e sottomesso a una specie di patronage, sfottuto, semplicemente criticato, infine anche un po’ irriso. Il concetto fondamentale esposto dall’ex premier - sala gremitissima per lui e ovazione finale - è stato «bisogna separare la carica di segretario da quella di candidato premier». Noto. Ma l’ha detto in modi davvero sferzanti. «Matteo sta facendo un calcolo: perché quello che vuole lui non è dirigere il Pd. A lui entusiasmano le primarie, l’investitura popolare, ma dal giorno dopo, eh eh, non avrebbe più voglia... Leggo che pensa di poter fare il sindaco e anche il segretario: tsè, non ha idea di cosa voglia dire dirigere un grande partito e restare sindaco di Firenze». Ma Veltroni lo fece; D’Alema la spiega così: «Sì, ma eravamo alla vigilia delle elezioni, ora no» (in realtà che fossimo alla vigilia delle elezioni lo sapeva D’Alema, ma la crisi ancora non c’era). E ancora su Renzi, paternale: «Avrebbe dovuto dire: sono pronto a sostenere un nuovo segretario del Pd, io mi dedicherò a costruire un nuovo centrosinistra per portarlo alla vittoria elettorale».
Lino Paganelli però ricorda: «Quando voleva Palazzo Chigi, nel 98, D’Alema andò da Costanzo in tv e disse “il segretario del partito può fare il premier, non è figlio di un dio minore”...». Ma via, le idee cambiano; e sono le battute, quelle in cui probabilmente ieri ha rappresentato uno show, cosa che non avrebbe mai fatto contro Veltroni. «Renzi vuole fare il rivoluzionario ma ha tutta la nomenklatura con lui. Anche Letta lo sosterrà, perché non può perdere. È come se avessero voluto prendere la Bastiglia andando con la regine, il re e le baronesse...». E giù grandi risate della sala (ma anche qualche mugugno). Oppure, feroce sui dirigenti Pd: «Diceva Flaiano, lo sport nazionale è correre in soccorso di quello che si crede il vincitore». O ancora: «Se arriva Nembo Kid che facciamo, lo estromettiamo dalle primarie?».
La gente si diverte a sentire D’Alema parlare di nomenklatura, è del ramo. È da vedere quanto giovi a Cuperlo il suo elogio: «Ha grande cultura, grande moralità, ha scritto il più bel documento che abbia letto ultimamente, assieme a quello di Barca». E poi la chiamata alle armi della vecchia sinistra, «noi ci batteremo al congresso, non abbiamo l’abitudine di arrenderci prima di cominciare. Nei circoli, ovunque, ci sarà la nostra voce!». Insomma, c’è un ticket Cuperlo-Barca alle viste? D’Alema, alludendo a una presunta debolezza dell’impianto di Renzi, elogia «il partito macchina cognitiva» di Barca (che cita). Vedremo.
Meno male per Renzi che continua a incassare endorsement, ieri anche Pietro Grasso l’ha elogiato. Anche se è chiara una critica che arriverà dai suoi avversari, e che Civati esplicita: «Io penso che il nuovo sia a sinistra. Quando si devono recuperare elettori, prima si guarda a chi è vicino, ai voti che abbiamo perso». Fabrizio Barca invece pensa che «il problema è che il partito non è una rete, nei circoli c’è solitudine, non siamo come Amnesty»...
Almeno, un punto è ribadito, da Marina Sereni: la data di questa partita, «se non sarà il 24 novembre sarà il primo dicembre». Tutto, pare di capire, ruoterà attorno alla sfida (e le tante false lusinghe) al convitato di pietra di Firenze.
Jacopo Iacoboni