Economia
Il gioiello finlandese
che l’iPhone ha trasformato
in un animale preistorico
L’estinzione dei mammut del telefonino è compiuta. I protagonisti della preistoria dei cellulari, i colossi che hanno decretato la nascita e lo sviluppo di uno dei mercati più ricchi degli ultimi 20 anni sono stati spazzati via dal «meteorite» smartphone. Una rivoluzione che uno dopo l’altro ha visto soccombere marchi come Motorola - i cui brevetti sono finiti a Google -, Ericsson, la cui divisione cellulari (prima conferita in joint venture) è finita alla Sony. Ora tocca a Nokia: consegna la divisione che ha decretato le sue fortune a una Microsoft che con sei anni di ritardo ha deciso di percorrere la via fortunata di Apple. A Nokia, europeissima società finlandese nata nel 1865 come semplice segheria, resteranno business collaterali, le attività di network, la geolocalizzazione, servizi mobili e relativa ricerca. Un po’ poco. L’orgoglio dei finlandesi, richiamato anche ieri proprio dall’artefice della vendita, il numero Stephen Elop, il primo non finlandese (è canadese) ad assumere la guida del gruppo, subisce un duro colpo. Sacrificati sull’altare degli smartphone, quando Nokia ne era stata precursore. Tanto che tre mesi dopo l’arrivo sugli scaffali dell’iPhone, il colosso finlandese toccò l’apice della quota di quel mercato, al 49,4%. Era il 2007. Da lì sarebbe iniziato un declino che l’avrebbe portata, nel primo trimestre di quest’anno, a registrare una quota di appena il 3%. Si può dire che la sua fine inizia con l’inizio dell’epoca «telefonica» della Mela, ma non che la società ai tempi guidata da Steve Jobs ne sia la causa principale. «Il problema - spiega Carolina Milanesi, analista di Gartner - non è l’iPhone che, contrariamente a Nokia, si rivolge a una fascia alta di mercato, quanto la diffusione di Android che ha vinto la sfida sul mass market con una quota superiore al 70%». A decretare la resa di Nokia, insomma, è stato il cambiamento del mercato «che ha trasformato il concetto di smartphone da telefono con alcune funzioni in più come la fotocamera e il lettore Mp3 a un discorso di ecosistema, di applicazioni». L’errore di Nokia? «Ha intuito che l’ecosistema sarebbe diventato importante», senza concretizzare con la soluzione giusta. E pensare che già nel 2006 aveva acquistatosocietà come Gate5 e Navteq per la navigazione e le mappe, o come Loudeye, per la musica. Nel 2007 aveva lanciato Ovi, piattaforma per il oro ecosistema. Ma non è bastato. «Pensavano di essere protetti, ma sono arrivato prima l’iPhone poi Android». In Finlandia pensavano che la loro piattaforma Symbian fosse sufficiente. «Serviva invece un sistema operativo più robusto per creare le applicazioni e muoversi con la snellezza e il passo divenuti necessari», dice Milanesi. Insomma si sono mossi troppo tardi.
Così nel 2011 è arrivata l’alleanza con Microsoft, non prima di un tentativo, con «Meego», di creare un nuovo sistema operativo. «Se solo avessero anticipato di un anno quell’operazione non saremmo giunti a questo punto. Nokia sarebbe rimasta in pieno controllo del proprio futuro», commenta l’analista. Invece l’alleanza con Microsoft, a quel punto, si è resa necessaria per avere un’alternativa a Symbian. Da lì l’ultima serie Lumia, col sistema operativo Windows Phone. La maledizione di Nokia, aperta al mondo ma forse troppo chiusa nella sua Finlandia, troppo grande per essere flessibile, è di aver perso l’appuntamento decisivo. Un vizio: non fu neppure la prima a presentare un modello per l’Umts, il 3G, ma riuscì a riscattarsi. Il tempo dell’Internet mobile, dei social network ancora non era giunto. Poi hanno perso troppi treni: «La visione c’era, è mancata l’esecuzione», rimarca Milanesi. E l’ultimo dei mammut si è arreso.
francesco spini