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domenica 8 settembre 2013

Venezia, dopo 15 anni torna un Leone italiano...

LA STAMPA

Spettacoli

“Sacro GRA”, dopo 15 anni torna un Leone italiano

Trionfa il documentario di Rosi, Coppa Volpi all’attrice di Emma Dante

Miglior regia e miglior attore per il film greco “Miss Violence”

L’umanità invisibile che vive ai margini della metropoli snaturata, quella che ogni giorno s’inventa l’esistenza, legata a un passato che non torna, sospesa su un futuro impossibile. Alla Mostra, dopo 15 anni di bocca asciutta e recriminazioni, il cinema italiano per una volta brilla, ritrovando il prestigio dei tempi andati.

L’Italia si aggiudica infatti il Leone d’oro (al documentario di Gianfranco Rosi Sacro GRA ); la Coppa Volpi a Elena Cotta, migliore attrice nei panni di Samira, in Via Castellana Bandiera , regina di testardaggine in una Palermo sull’orlo dell’autodistruzione; e il premio Orizzonti (per la migliore regia) a Still life di Uberto Pasolini. La novità è che la realtà vince sulla finzione. Nessuno sceneggiatore avrebbe potuto immaginare le storie dei tipi strani che abitano sull’orlo del Grande Raccordo Anulare di Roma, nessun attore sarebbe stato in grado di interpretarli, senza sprecare nemmeno un briciolo di quella loro stupefacente vitalità: «Non mi aspettavo di ricevere un premio così importante - confessa Rosi ancora incredulo -, lo dedico ai miei personaggi, ho trascorso con loro tre anni, scoprendone l’immensa generosità. Il documentario è cinema, non dobbiamo avere paura di questa parola. Solo un maestro rivoluzionario come Bertolucci poteva prendere una decisione del genere». Il direttore Barbera è soddisfatto: «La scommessa è vinta, il documentario non è più il parente povero del cinema di finzione». Se Elena Cotta, raggiante, dedica il premio al marito con cui ha appena festeggiato 60 anni di matrimonio, Rosi fa la stessa cosa rivolgendosi all’ex-moglie Anna, presente in sala con la figlia Emma, perchè la spinta a realizzare il progetto di Sacro GRA , concepito dal paesaggista urbanista Nicolò Bassetti, è venuta da lei. Magari pensava che, una volta tanto, il regista, cosmopolita per natura, nato ad Asmara, residente a New York dove ha studiato cinema, sarebbe rimasto fermo in Italia per un po’. Se la realtà fa premio su tutto, è anche vero che la differenza la fa il modo con cui la si racconta. Lo dimostra il Leone d’oro, ma lo dimostra pure The unknown known , regia di Errol Morris, protagonista Donald Rumsfeld, altro, stupefacente, pezzo di realtà in gara.

Scelte temerarie, linguaggi estremi, come quello di Miss Violence del greco Alexandros Avranas che, dopo aver sferrato uno dei più terribili pugni nello stomaco del pubblico, porta a casa due premi, il Leone d’Argento e la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Themis Panou. Nel film è il nonno orco, violentatore della figlia e delle nipoti, lo si odia a tal punto che, vedendolo ieri sera, mentre ritirava il premio dalle mani della giurata Virginie Ledoyen, si faceva fatica ad applaudire. Avranas non dice una parola, ma il direttore della Mostra che ha voluto il suo film in concorso, spiega perchè era importante avere un’opera così dura, ai limiti dell’umana sopportazione: «Le cose che leggiamo tutti i giorni sono altrettanto terribili. Il film, quindi, mette in scena episodi autentici , prendendo atto di tutta la loro drammaticità e descrivendoli attraverso una costruzione piena di rigore e di sorprendente tensione». Si è discusso in giuria, fa sapere Barbera, il Leone non è stato dato all’unanimità, l’altro titolo in ballo era Jiaoyou (Cani randagi) del maestro Tsai Ming-liang, una sfida alla pazienza dello spettatore fatta di inquadrature senza tagli lunghe anche 18 minuti: «Il mio film è molto difficile - ammette l’autore -, e molto lento, quindi ringrazio la giuria che si è fermata a guardarlo e tutto il pubblico di Venezia che ha rallentato il passo per poterlo seguire».

Al tedesco Philip Groning, tra i favoriti dei pronostici, va il Premio Speciale della Giuria. Anche nel suo La moglie del poliziotto violenza domestica e tempi dilatati: «Ringrazio chi mi ha aiutato a fare il film, ma soprattutto chi ha il coraggio di parlare di questi argomenti, raccontando ciò che ha subito». L’attore emergente che si aggiudica il premio Marcello Mastroianni è Tye Sheridan, ragazzino sfortunato nella storia di riscatto di Joe , con Nicolas Cage mattatore. Il cinema americano, come è ormai tradizione dei festival, sconta la sua potenza mondiale con la scarsa attenzione delle giurie impegnate a promuovere pellicole che più difficilmente possono arrivare all’attenzione del pubblico. All’applauditissimo Philomena di Stephen Frears, con la divina Judi Dench, va il contentino della sceneggiatura, premio riduttivo per un film che non ha nessuna colpa tranne quella di essere destinato a un vigoroso successo al botteghino. Alla fine il presidente Baratta ringrazia Barbera per il «lavoro di ricerca, per il coraggio nelle scelte, per l’autonomia intellettuale». Con l’aria sollevata di chi è arrivato al traguardo, il direttore parla di «verdetto equilibrato, che tiene insieme il cinema per il grande pubblico e quello più radicale». L’Italia, per una volta, fa festa, ma la lezione offerta del documentario dovrà essere appresa, metabolizzata e interpretata per capire in che modo può migliorare il nostro cinema di finzione.

Fulvia Caprara


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