ebook di Fulvio Romano

giovedì 5 settembre 2013

Parlamentari 5 stelle: portavoce di un blog ( anche brutto, tra ll'altro...)

LA STAMPA

Italia

Il Movimento

Tra i 5 Stelle divisi torna

l’ombra delle espulsioni

Grillo dal blog annuncia: “Siamo in guerra”. In arrivo il terzo “V Day”

C’è una cosa - forse solo quella - su cui i senatori Cinque Stelle, schiavi della loro dolorosa e magnetica diretta streaming, sono definitivamente d’accordo. Che così è uno schifo. E’ un problema umano. Di relazione. Persino di rispetto. Che anticipa, amplificandolo, quello politico. Prima delle alleanze con gli altri, bisognerebbe pensare alle alleanze con se stessi. C’è qualcosa che ci lega, ragazzi? Carlo Martelli, per esempio, duro e puro della prima ora, dice che in questi giorni il collegamento whatsapp con cui i colleghi-cittadini di Palazzo Madama comunicano tra loro è diventato «la cloaca maxima degli insulti». E aggiunge che quelli che hanno scaricato nella chat le accuse peggiori si sono presentati come se nulla fosse. «Ci siamo rivisti e mi hanno detto: ehi, come stai, ti vedo abbronzato. Ma io pretendo spiegazioni». Il bizzarro mondo di internet. Davanti alla tastiera le regole banali della civiltà pesano come carta velina. Alza la voce Martelli - non è da lui - e nei suoi occhi è possibile vedere i pensieri che ruotano attorno all’abisso. «Con i giornalisti dovrebbero parlare solo i capigruppo. Lo avevamo anche votato».

Sulla tribunetta opposta, anche il pacato medico Maurizio Romani, toscano, antirenziano viscerale, considerato un trattativista, ha una cosa da dire. «È emerso un grande astio qui dentro. Anche se nessuno ha il coraggio di ammetterlo. Siamo già divisi in due gruppi. Forse tre. Ma se volete che io smetta di parlare con i giornalisti, beh, allora buttatemi fuori». Lo streaming rimanda impietoso ogni singola parola. È fatto così il futuro?

I talebani di Grillo e Casaleggio guardano il dottore di Firenze stringendo gli occhi. Lo vedono sfocato, annacquato come un riflesso in una pozzanghera. Se fosse una squadra di calcio sarebbe facile dire che lo spogliatoio è spaccato.

Esseri umani che non si amano. Idee politiche che non combaciano. Luis Orellana, che i colleghi volevano candidare alla presidenza del Senato pochi mesi fa, dopo uno sfogo contro il capo della comunicazione Claudio Messora («non ha più la mia fiducia») dice che anche questa storia dell’impossibilità di immaginare un cammino con il Pd lo ha stufato. «Sono per il dialogo. Parliamo solo di se, ma non bisogna avere tabù. Del resto in Sicilia siamo alleati con Crocetta». I colleghi Campanella e Bocchino sembrano approvare. «Chiediamo alla rete che cosa pensa». Le amazzoni del Movimento - la Taverna, la Bottici, la Bertorotta, donne decise, che difficilmente hanno la grazia di giocatrici di badminton - lo inceneriscono verbalmente. Vito Crimi e Nicola Morra sorridono enigmatici. Crack. All’improvviso il pianeta 5 Stelle più che un mondo totalitario sembra un mondo incasinato.

Una sensazione che devono avere anche Grillo e Casaleggio, perché è in quell’istante che decidono di postare la loro ultima invettiva. Letteralmente una chiamata alle armi. «Chi vuole guardarsi l’ombelico si tiri fuori, il M5S non è il suo ambiente», scrive il Caro Leader. Parla a Orellana. A quelli come lui. Fa il riassunto delle puntate precedenti, annunciando l’arrivo del terzo V Day. Campagna elettorale. La senatrice Paglini applaude entusiasta. «Siamo in guerra, una guerra che deciderà il destino del Paese per i prossimi decenni», aggiunge il Caro Leader. Per nulla frenato dall’idea di usare un linguaggio bellico mentre la Siria esplode. Gli interessa solo che i suoi tornino a rivolgersi a lui con lo sguardo ardente tipico dei religiosi ferventi. Non c’è spazio per alleanze. O il mondo è a Cinque Stelle o non è. «Il M5S è una variabile che il Sistema, non solo quello nazionale, non aveva previsto e ha quindi reagito con ogni mezzo possibile per escluderlo dal gioco». Non solo quello nazionale.

Inutile che un gruppo di senatori cerchi di ragionare in modo diverso, di appellarsi al volere della rete. «Siamo portavoce dei cittadini o di un blog?». Domanda inutile, direbbe Battisti. Quando mai la ragione ha avuto la meglio su un’ossessione amorosa? La riunione si scioglie. Non è servita a niente. Salvo a farsi male. Ma il quadro è chiaro. Chi non si adegua è fuori. Torna l’ombra delle espulsioni. Così, nel suo studio, a tarda sera Luis Orellana si sente sgradevolmente solo. Un’impressione così profonda che vorrebbe una parola più grande, certamente più larga, per spiegarla. Curioso per chi credeva di viaggiare sulle spalle di otto milioni e mezzo di elettori. Illuso.

Andrea Malaguti


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