ebook di Fulvio Romano

giovedì 5 settembre 2013

Vince la linea Garnero di Busca ( alias Santanché)

LA STAMP

Italia

Trattativa fallita, si va verso la crisi

Berlusconi, convinto che non otterrà un atto di clemenza: è deciso a far dimettere i ministri Pdl entro venerdì

Lunedì dopo pranzo i figli di Berlusconi erano pronti a domandare la grazia per conto del genitore. L’avrebbero chiesta, con il plauso dell’azienda di famiglia, nel caso in cui Napolitano fosse stato disponibile a concedere una sorta di indulgenza plenaria. Vale a dire, qualora il Capo dello Stato avesse avuto in animo di abbuonare non solo i 4 anni di carcere del Cavaliere (di cui tre sospesi dall’indulto), ma pure le pene accessorie, tra cui l’interdizione dai pubblici uffici con annessa incandidabilità. Per cui ad Arcore c’era un clima di trepida attesa. Ma verso le dieci di sera l’illusione è svanita. Secondo ricostruzioni che filtrano da Arcore, il Quirinale avrebbe mandato a quell’ora segnali di netta chiusura sul punto che in questa fase più interessa a Silvio, vale a dire la cancellazione delle pene accessorie. Come massimo, così hanno riferito gli ambasciatori, Napolitano potrebbe risparmiare a Berlusconi la pena principale. Purché il condannato, come fu detto nella nota del 13 agosto, con umiltà incominci a scontare la sua pena. E in ogni caso di restituirgli l’onore politico, compresa la possibilità di ricandidarsi e magari tornare un giorno al potere, non se ne parla nemmeno: la grazia sarebbe il «de profundis» del ventennio berlusconiano... Informato degli sviluppi, il Cavaliere è andato su di giri. Anche perché nei giorni scorsi si era fatto confezionare segretamente un dossier (lo studio dell’avvocato Ghedini stavolta non c’entra) da cui risulterebbe che in una dozzina di altri casi Napolitano aveva concesso la grazia, comprensiva di abbuono delle pene accessorie. «Perché agli altri sì e a me no?», è esploso Berlusconi, senza rendersi conto che il suo profilo pubblico è un tantino diverso.

Già dunque l’altra notte la trattativa, mai realmente decollata, poteva dirsi fallita. Nubi nere si addensavano sul governo. Poi ieri mattina di buon’ora, come suo solito, il Presidente della Repubblica ha sfogliato i quotidiani. E l’occhio dev’essergli caduto su un articolo a pagina 6 del «Giornale», dai toni particolarmente offensivi, nonché su un editoriale parecchio affilato del direttore Sallusti, perché Gianni Letta ha ricevuto subito dopo dal Colle una telefonata capace (secondo fonti super-attendibili) di sollevarlo da terra, segno che al Quirinale la misura è colma, nessuna «provocazione» verrà mai più tollerata. Letta si è sentito ripetere che Berlusconi, se vuole clemenza, «non può illudersi di non pagare un prezzo politico. E di evitare tanto la decadenza, quanto le pene accessorie» che lo metterebbero fuori gioco. Intorno a mezzogiorno Verdini, regista dei cosiddetti «falchi», ha varcato il cancello di Arcore. Ne è uscito a sera canterellando, di magnifico umore: il che fa intuire com’è andata là dentro. Berlusconi pare non veda l’ora di mandare a casa il governo per causare nuove elezioni e poter dire: «Nonostante la condanna, L’Italia mi ama...». È il trionfo della linea Santanché, del cuore lanciato oltre l’ostacolo, e poco importa se Berlusconi tra poco più di un mese verrà chiuso a doppia mandata, con due carabinieri davanti all’uscio di casa

La crisi potrebbe scoppiare in settimana, quando il premier tornerà dal G20, comunque prima che si riunisca la Giunta delle elezioni al Senato (9 settembre). Ambienti autorizzati a darne notizia ipotizzano le dimissioni dei ministri Pdl non appena Epifani avrà respinto l’ultimatum di Alfano. Il quale, piombato pure lui nel pomeriggio ad Arcore, ha chiesto perentoriamente al Pd di chiarire se da quelle parti intendono salvare o meno il Cavaliere con la seguente giustificazione: la legge Severino non sarebbe nel suo caso applicabile, in quanto la Convenzione europea e la Costituzione italiana escluderebbero la retroattività della decadenza. Stamane Gianni Letta cercherà un ultimo contatto con Napolitano, e poi partirà l’assalto.

ugo magri


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