ebook di Fulvio Romano

sabato 7 settembre 2013

Risponde Renzi:" Il luogo della sinistra è la frontiera, non il museo!"

LA STAMPA

Italia

Renzi attacca: subito il congresso

Il rottamatore: “Chiediamo agli altri di rispettare le promesse, e poi non rispettiamo le scadenze”

«Con quale faccia chiedi agli altri di rispettare le sentenze se poi te non rispetti le scadenze?». Matteo Renzi torna a chiedere a gran voce la convocazione del congresso e ricorda più volte che la scadenza sarebbe quella del 7 novembre. Metti un caldo pomeriggio di settembre alla festa del Pd di Piombino, terra di Toscana, città piegata dalla crisi dell’acciaieria Lucchini. Il tam tam mediatico assicura che il sindaco di Firenze calerà in questo luogo simbolo, operaio e turistico, per fare le sue prime proposte sul tema del lavoro. Lo scrive anche sulla sua pagina Facebook: «Niente discussioni polemiche, niente battaglie stupide sulle regole, niente rinvii: proviamo a parlare di quello che serve all’Italia. Tiriamo fuori le idee e le proposte su cui ricostruire l’Italia. E chiediamo una mano a chi ha voglia di crederci ancora».

E in effetti di questo Renzi vorrebbe parlare. Un paio di flash sull’innovazione, ricorda che Nokia e Motorola, che 10 anni fa avevano l’80% del mercato dei telefonini, sono state mangiate perché hanno sbagliato modello di sviluppo. «Chi non innova, non cambia, nell’economia come nei partiti, perde». Poi, però, si accorge, in corsa, che i mille assiepati sotto il tendone che invocano il suo nome e si spellano le mani a ogni battuta, non sono la platea ideale. Sono lì per gridare il loro orgoglio di militanti traditi dall’apparato e delusi da leadership zoppicanti. Sono lì per un grande urlo liberatorio, come quando Renzi, grondante di sudore, esplode: «Se si vince, vanno avanti quelli bravi, quelli che hanno idee da condividere, non i fedeli. La prima cosa da rottamare sono le correnti».

E allora, capita l’antifona e riposti gli appunti sul lavoro, Renzi dà il meglio di sé. Dunque, o il Pd cambia o è condannato a perdere. Certo, non bisogna fare un partito personale («Però il leader serve: se ce l’hai vinci. Altrimenti traccheggi»), ma bisogna anche evitare un partito impersonale, dove non ci si guarda più negli occhi.

Ancora il tema del congresso. «Dicono che abbiamo già vinto il Congresso. Intanto inizino a convocarlo». E tanto per far capire che non è a caccia dei consensi di chi sino a ieri lo snobbava, cita una tradizione gigliata, lo scoppio del carro: «Rido quando mi dicono che stanno salendo tutti sul mio carro. L’unico carro che conosco è il Brindellone che a Firenze facciamo scoppiare a Pasqua. Sconsiglio quindi di salirci». Allora basta con il derby berlusconiani contro antiberlusconiani. L’obiettivo è un altro: «Usiamo il congresso per raccontare l’Italia che vorremmo».

La sinistra, però, sostiene il sindaco di Firenze, deve cambiare atteggiamento. «Alle prossime elezioni - e i mille esplodono in un boato - deve voler vincere. Non abbia paura di aprirsi, non si spaventi di andare a prendere il voto degli altri».

Continuamente richiamato dagli avversari nel Pd a mostrare il suo pedigree, Renzi si toglie un sassolino. «Il congresso sarà utile per capire cosa significhi essere sinistra. La sinistra è stata quella che si è astenuta sullo Statuto dei lavoratori o quella che ha fatto le più belle battaglie nelle fabbriche? La sinistra in Italia è stata anche quella che non voleva la televisione a colori. Il luogo della sinistra è la frontiera, non il museo. Lo stile della sinistra è il coraggio, non la paura».

Finisce con la citazione di una canzone («Ecco l’amore che cos’è») di Cesare Cremonini: «Conosco un modo per cambiare il mondo: guardarlo insieme a te». E con una non più giovanissima militante che se lo mangia con gli occhi: «Erano vent’anni che non vedevo così tanta partecipazione dalla nostra gente».

teodoro chiarelli


Level Triple-A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0           Copyright 2013 La Stampa           Bobby WorldWide Approved AAA