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SOS Concordia
Quando, la sera di un venerdì 13, la Concordia a furia di inchinarsi si piegò su un fianco, anche i meno versati nell’arte dei simboli capirono di trovarsi di fronte a una Tac. Quella balena di metallo spiaggiata per futili motivi era la politica imbelle, l’economia stagnante, la società immobile. Fu allora che in tanti di noi scaturì l’esigenza di una scena liberatoria: un giorno la grande nave si sarebbe rimessa in piedi e quel giorno avrebbe rappresentato l’alba della riscossa.
Dopo venti mesi di stallo e di buio illuminato dai lampi fiochi delle larghe intese, sembrerebbe che ci siamo. La Concordia sta per darsi una mossa, e proprio in concomitanza con l’annuncio di una conclusione possibile della recessione. Una notizia buona, finalmente. O almeno discreta, se non ci fosse di mezzo la crapa giuliva degli italiani. L’ingombrante malata non è ancora in salvo e già i porti di Piombino e Palermo se ne contendono il ricovero a colpi di allusioni, sospetti e intrallazzi: il solito mare nostrum in cui naufragano tutte le buone intenzioni. Da questo scoglio lancio il mio disilluso SOS: e se per una volta provassimo a non farci del male? Ringrazio con un inchino.
Massimo Gramellini