ebook di Fulvio Romano

lunedì 9 settembre 2013

La maggioranza ombra del Letta bis

LA STAMPAweb

Italia

Il primo ministro

E il premier sente di aver già una sua maggioranza ombra

Conterebbe su 152 senatori se il Pdl lo abbandonasse

E rilancia: subito legge sul finanziamento ai partiti

Ad un certo punto dentro la sala del Forum Ambrosetti disattivano la diretta televisiva, Enrico Letta può cominciare a rispondere a porte chiuse alle domande di supermanager, imprenditori e professionisti e lo fa con un tono ancor più spigliato rispetto al discorso ufficiale pronunciato poco prima: «Sulla riforma del finanziamento pubblico ai partiti c’è il mio impegno personale e se i partiti si lasciano perdere l’occasione, significa che non hanno capito un tubo di quel che è successo tra febbraio ed aprile...». E’ una domenica particolare per Enrico Letta, che a Cernobbio si è mostrato più ambizioso del solito nel tracciare un orizzonte, meno preoccupato di affettare il solito ottimismo di maniera. Certo, la novità più che nella qualità delle sfide, sta nel piglio, insolito nel prudentissimo Letta, che sul lago di Como ha usato un lessico per lui irrituale: per qualificare certi suoi alleati di governo ha parlato di «veti»; riferendosi all’azione del governo si è ripromesso non «galleggiare». E sul piano delle misure ha promesso«un pacchetto di dismissioni», per ora qualificato più da un aggettivo («grande») che da una scansione precisa.

Da quando il presidente del Consiglio è rientrato dal G20 di San Pietroburgo, qualcosa è cambiato: se è vero che esistono telefonate che allungano la vita di un governo, in questi giorni Enrico Letta ha avuto una serie di colloqui che lo hanno reso più fiducioso. Nelle ultime 48 ore si è determinata una doppia novità: sembra essersi allungato l’orizzonte del suo governo, ma soprattutto - in caso di strappo cruento da parte di Berlusconi - si sono solidificate le fondamenta di una nuova, possibile maggioranza senza Berlusconi, Maroni, Grillo e Vendola.

Certo il presidente del Consiglio, in privato, ripete che l’imponderabile con Berlusconi resta alto, ma negli ultimi due giorni - per uno di quei paradossi che capitano soltanto in Italia - oltre al Letta-1, si è rafforzato anche il Letta-2. Sulla base di calcoli ufficiosissimi che a palazzo Chigi negherebbero anche sotto tortura, si valuta che in caso di rottura da parte di Berlusconi, al Senato la maggioranza “ombra” ha già raggiunto quota 150-152, sommando i 108 senatori del gruppo del Pd, i 20 di Scelta Civica, i 10 del gruppo «Per le autonomie», i 5 senatori a vita, i 4 fuoriusciti dal Cinque Stelle e un drappello di senatori di Gal e dunque attualmente (al netto di Pdl, Sel, Cinque Stelle e Lega) mancherebbero soltanto 7-8 parlamentari per superare la soglia di sicurezza.

Un doppio paracadute che ha incoraggiato Letta, davanti ad una platea che frequenta da anni, a dispiegare quello che potrebbe cominciare a definirsi il “suo” programma. Finora il presidente del Consiglio ha dovuto realizzare le promesse elettorali dei partiti della sua maggioranza - a cominciare dalla sospensione dell’Imu - ma una volta pagata la cambiale è come se Letta volesse dar corpo alle misure che lui personalmente ritiene le più adatte per risollevare l’economia italiana. A cominciare dal cuneo fiscale, per il quale residuano risorse modeste. Prudente anche su tre punti dirimenti, che a questo punto cominciano a connotare una differenza di fondo col governo Monti: sui tagli (imprecisati) alla spesa pubblica; sul valore della concertazione che Letta (a differenza di Saccomanni) ha rivendicato; ma anche sulle Olimpiadi alla cui candidatura il professor Monti rinunciò per l’ asserito nonsenso di stornare risorse pubbliche su un evento che nel passato non ha garantito rientri certi.

E intanto, in vista delle Primarie del Pd, Letta conferma di voler restare fuori dalla bagarre («Del congresso non potrò occuparmi»), mentre i lettiani stanno svolgendo una consultazione dei quadri che sta facendo emergere come vincente (seppure con qualche defezione pro-Cuperlo) la linea di accordo con Renzi, suggerita per primo da Francesco Boccia.

fabio martini