Italia
D’Alema e Bersani già divisi sul dopo Letta
I fedelissimi del sindaco di Firenze: autoritaria l’idea di cancellare il congresso, sarebbe il suicidio del Pd
I fedelissimi del sindaco di Firenze: autoritaria l’idea di cancellare il congresso, sarebbe il suicidio del Pd
Già in luglio, quando ancora doveva arrivare la sentenza, gli ex diessini di fede dalemiana andavano dicendo che in caso di condanna di Berlusconi un precipitare degli eventi in autunno avrebbe potuto produrre in chiave interna «il male minore: lasciare Palazzo Chigi a Renzi senza consegnargli pure il partito». Gli altri però, cioè la tribù bersaniana, già prefigurava un altro schema, puntare tutto su Letta congelando Epifani alla segreteria. Se dunque si arrivasse ad una sfida Renzi-Letta per la premiership, il blocco ex diessino del Pd si spaccherà come una mela, visto che oggi puntualmente le due tesi vengono a galla. Gli uomini di Bersani addirittura non escludono si possa incoronare Letta come candidato alle urne senza passare per le primarie, tesi scartata perfino dagli uomini più vicini al premier. «Considero un esercizio di stile parlare di elezioni come se fossero scontate, ma siccome Letta sta facendo bene il premier, in questo momento è il miglior candidato: ma per sceglierlo andrebbero seguite le procedure ordinarie», dice Marco Meloni, lettiano doc. D’Alema invece punta su Renzi per Palazzo Chigi e su Gianni Cuperlo per la segreteria. E anche gli ex Ppi sono nel marasma. «Perché se il Pdl tira troppo la corda Enrico non si farà logorare e se rinunciasse al governo per difendere i nostri principi, potrebbe giocarsi poi al meglio questa carta nella sfida con Matteo», ragiona uno dei più alti in grado nel Pd che col premier parla due volte al dì.
Dunque si capisce che lo sbocco delle urne non lo esclude più nessuno, casomai si discute sulla tempistica (marzo il mese più gettonato) posto che tutti son consci che Napolitano farà ogni cosa in suo potere per non sciogliere le Camere senza una nuova legge elettorale. Massimo D’Alema è il primo a parlar chiaro spiazzando i bersaniani che vorrebbero riuscire nell’ardua impresa di mettere insieme un ampio fronte anti-Renzi: un resoconto del «Fatto Quotidiano» di un suo discorso in un piccolo borgo dell’Umbria, liquidato come «distorto e forzato» dallo staff di D’Alema, apre comunque uno squarcio su quale sarà lo scenario nel Pd di qui alle prossime settimane: una lotta all’arma bianca. D’Alema infatti scarta a priori una ricandidatura di Letta, «un leader di transizione per un governo momentaneo, non sarà utile una seconda volta», ma si dice convinto che alla fine non ci sarà una crisi perché se si andasse alla conta in aula il centrodestra potrebbe dividersi. «Ma se vogliono andare ad elezioni, Berlusconi sa che con Renzi leader siamo 15 punti avanti a lui».
E se non si può sapere cosa ne pensi Renzi di questo schema, «a ora l’unica corsa che c’è è quella per la segreteria, certo che lui punti a fare il premier non è un mistero, poi si vedrà», risponde il suo staff, ad alzare un fuoco di sbarramento contro i bersaniani ci pensano i suoi parlamentari. «Se dovesse precipitare tutto è evidente che più che un segretario andrà scelto un candidato premier», dice a Omnibus il responsabile organizzazione Davide Zoggia. Facendo capire che il nodo potrebbe essere sciolto negli organi dirigenti dove l’ex segretario ha ancora la maggioranza. «L’assemblea è sovrana. Personalmente mi pare che Letta abbia dimostrato una statura anche internazionale che va tenuta in grandissima considerazione». E scoppia la bagarre. «Chi la pensa così non è solo fuori di testa ma non fa i conti con Renzi e con la stragrande maggioranza dei nostri militanti che dopo l’ultima performance contro il giaguaro vorrebbero finalmente vincere di due lunghezze», reagisce tranchant Roberto Giachetti, renziano in servizio permanente effettivo. Duro al pari del collega Dario Nardella che si scaglia contro «questa idea autoritaria e autoreferenziale che potrebbe innescare una spirale suicida per il Partito democratico».
Stando così le cose, in una sfida tra Renzi e Letta per la premiership, il primo potrà contare sull’appoggio delle truppe dalemiane, a patto che accetti di non correre anche per la segreteria; e il secondo sull’asse Franceschini-Bersani-Epifani e su tutti gli ex Ppi alla Fioroni. Ha buon gioco quindi l’azzurro Osvaldo Napoli a trarre la conclusione che «nel Pd si stanno sbranando, con la scusa di Berlusconi, per piazzare ciascuno il proprio cavallo per la corsa elettorale».
carlo bertini