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mercoledì 21 agosto 2013

Martino: " Sarà leader dai domiciliari e ci farà prendere un sacco di voti"...

LA STAMPA

Italia

Martino: “Sarà leader dai domiciliari

e ci farà prendere un sacco di voti”

“Uscire dal governo è un errore. La crisi la cerca il Pd, ma non vuole sporcarsi le mani”

Professor Martino, sebbene in modi diversi, i suoi amici Marcello Pera e Giuliano Urbani chiedono a Silvio Berlusconi di farsi da parte. «Mio padre diceva che dei medici è facile parlare male e difficile fare a meno. Io lo dico di Berlusconi. Nel centrodestra ci sono persone di valore come Pera e Urbani ma nessuno di loro, e nemmeno io, sarebbe in grado di sostituire l’attuale leader per capacità comunicativa, passione per la politica e per una resistenza che non ha l’eguale». Il problema è che ora è stato condannato: c’è un impedimento anzitutto tecnico. «Il problema è che in Italia non c’è più separazione dei poteri. Fosse per me separerei nettamente, come negli Stati Uniti, anche legislativo ed esecutivo. Ma incredibile è come il potere giudiziario intervenga a gamba tesa sulla vita politica per condizionarla». Professore, l’immunità parlamentare è stata abolita vent’anni fa: lo squilibrio c’è da allora e non è mai stato toccato. «Fu un errore, certamente. Sull’impulso di Tangentopoli si cancellò l’immunità che non era un diritto all’impunità ma una garanzia costituzionale di compensazione dei poteri. Ma vogliamo parlare della custodia cautelare? Ce n’è un uso distorto e un abuso intollerabile, quando bisognerebbe farne ricorso soltanto in casi estremi, come per esempio quelli dei serial killer». Sono riforme di cui parlate da due decenni, ma vi limitate a parlarne. «Purtroppo questo ventennio contraddice quello che si disse durante quell’altro, e cioè governare l’Italia non è inutile, come diceva Benito Mussolini, ma impossibile. La nostra Costituzione, per terrore della dittatura, è stata costruita per rendere impotente l’esecutivo. Sono cose che ha detto molte volte anche Berlusconi: in Italia comandano gli alti funzionari, i burocrati... E poi gli alleati: sono stato personalmente testimone di come sia An, in modo discreto, sia l’Udc, in modo plateale, nella legislatura 2001-2006 ci abbiano impedito di governare». Va bè, però adesso sulla giustizia appoggiate i referendum dei radicali. «Perché hanno ragione loro. Sono stato fra i primi a dire che il centrodestra avrebbe dovuto appoggiarli». E perché avete aspettato vent’anni? Perché questi referendum non li avete promossi voi cinque o dieci o quindici anni fa? Perché non li avete appoggiati la volta scorsa, nel 2000? «E’ vero, avremmo dovuto». Torniamo a Berlusconi: che deve fare ora?«Lo deciderà lui e deciderà per il meglio. Se vuole continuare a guidare il centrodestra per farlo migliore, per selezionare un personale politico davvero all’altezza, uomini che vivano per la politica e non di politica, bene, io sarò con lui». Sì, ma se va ai domiciliari, come pare inevitabile?«Intanto va sottolineato che va a domiciliari per una questione assolutamente priva di senso, per una questione che, a essere pignoli, al massimo è un’elusione e quindi nemmeno un reato penale. Come un paese possa sopportare soperchierie di questo genere io davvero non lo so». Non solo i domiciliari, ma sarà anche votata la decadenza da senatore. «Se a sinistra la votassero si addosserebbero una colpa gravissima che andrebbe non tanto a condizionare la vita del governo quanto a offendere le istituzioni. Ma ve lo immaginate il Parlamento italiano che negli anni Cinquanta consegna Alcide De Gasperi o Palmiro Togliatti alla magistratura?». Va bene, ma uscireste dal governo? «Sarebbe un caso di autolesionismo sciocco, perché chi vuole la crisi per andare a votare è il Pd, ma non ha il coraggio di provocarla per cui fa di tutto perché la si provochi noi». E nel caso, Berlusconi non potrebbe essere il vostro candidato premier. «Sarebbe il nostro leader dai domiciliari. Ci farebbe prendere un sacco di voti. E deciderebbe lui il suo successore a Palazzo Chigi». Marina? «Ah, io la stimo moltissimo, anche se quando l’ho conosciuta, vent’anni fa, mi pareva un pochino keynesiana. Ma credo che lei sia importante per le aziende e che il padre vorrebbe risparmiarle una persecuzione come quella da lui sopportata. E comunque, è presto per parlarne».

MATTIA FELTRI


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