ebook di Fulvio Romano

lunedì 1 settembre 2014

Tagli di 12 miliardi e salve le detrazioni fiscali? ( A. Barbera)

LA STAMPA

Economia

Roma avrà lo sconto sul debito

in cambio di riforme pesanti

Tagli non oltre i 12 miliardi, salve le detrazioni fiscali

Una legge di Stabilità più leggera in cambio di un piano di riforme credibili. La battaglia è lunga, e dipenderà da molti fattori, ma questa in estrema sintesi è la partita che l’Italia giocherà nei prossimi 45 giorni al tavolo europeo. Di qui ad allora ci sono tre scadenze: l’Ecofin informale di Milano (il 13 settembre) il vertice straordinario dei Capi di Stato (il 6 ottobre), di nuovo l’Ecofin, il 14 ottobre, il giorno prima della scadenza entro la quale il governo dovrà presentare a Bruxelles la legge di Stabilità. Di qui ad allora molte cose dovranno accadere. Ad esempio: il nuovo commissario agli Affari economici sarà davvero il francese Pierre Moscovici, come auspicano Roma e Parigi? E quale sarà il ruolo dell’ex premier finlandese Katainen, più sensibile alle ragioni tedesche? Nel gioco delle diplomazie europee le mosse possono essere persino più complicate di quelle alle quali ci abituano i politici nostrani. Al governo però hanno una certezza: comunque vada la manovra che l’Italia presenterà a Bruxelles non sarà recessiva. Così come si esclude che l’Europa possa imporre a Roma il rispetto del cosiddetto «obiettivo di medio termine», in una parola una riduzione del debito pubblico nell’ordine di nove-dieci miliardi già nel 2015. Più che uno sconto - spiegano nei palazzi - è ipotizzabile che il nuovo presidente della Commissione Juncker cerchi di ottenere dalla Merkel il via libera ad una vera e propria moratoria. «Prima delle convinzioni lo impone il buon senso», spiega una fonte. Le guerre scoppiate nel confine est dell’Europa stanno facendo saltare ogni speranza di ripresa entro la fine dell’anno. La deflazione rischia di peggiorare la tenuta del rapporto debito-Pil, ma niente a che vedere con i rischi che l’Italia correrebbe programmando, oltre a pesanti tagli alla spesa, anche un aumento delle tasse come avvenne con Monti. In questo momento tutta l’attenzione dei tecnici è evitare con cura la riduzione di spese che potrebbero deprimere ulteriormente la tenuta del Pil. Operazione facile a parole, più difficile da attuare. In ogni caso i tagli saranno limitati alle coperture necessarie alla conferma dello sconto Irpef da ottanta euro e del taglio dell’Irap del 10 per cento. Né ci saranno risparmi a voci che farebbero aumentare la pressione fiscale, come ad esempio un taglio importante delle agevolazioni fiscali oggi concesse alle famiglie.

Nel complesso la manovra varrà tagli di spesa per dieci, massimo dodici miliardi di euro, ai quali poi vanno aggiunte le cosiddette spese indifferibili, in questo caso finanziate da voci diverse: la minore spesa per interessi (uno o due miliardi) o il gettito da lotta all’evasione. Insomma, in tutto la manovra non supererà i venti miliardi, euro più, euro meno. Se dovessimo rispettare alla lettera i parametri europei, i numeri sarebbero ben altri. Ma a dispetto delle indiscrezioni sul senso della telefonata della scorsa settimana della Merkel a Draghi, la sensazione è che l’Europa non ci imporrà lacrime e sangue. Ciò non significa che non ci aspettino mesi di scelte dolorose, perché in cambio di tutto ciò Bruxelles ci chiederà invece impegni molto vincolanti sul fronte delle riforme, a partire da giustizia, istruzione e mercato del lavoro. Il decreto per la riduzione delle cause civili è un primo passo, ora Renzi è atteso alla prova dei fatti delle altre priorità. L’assunzione di massa dei precari della scuola non è fra queste, la riforma delle tutele dal licenziamento sì.

ALESSANDRO BARBERA