Economia
L’industria ringrazia Draghi
“Il mini-euro trainerà
le nostre aziende all’estero”
Meccanica e beni di consumo favoriti nell’export
Meccanica e beni di consumo favoriti nell’export
Alle imprese italiane non par vero di vedere il cambio euro dollaro scivolare sotto quota 1 e 30. «Se restasse a questi livelli ci darebbe una grossa mano, soprattutto negli Stati Uniti che dopo Francia e Germania sono il nostro terzo mercato di sbocco», conferma Vittorio Borelli, presidente di Confindustria Ceramica. Il suo è uno dei settori che esporta di più: ben l’82% del fatturato del comparto piastrelle, all’incirca 3,7 miliardi di euro, finisce infatti fuori dai confini nazionali e per la metà è pagato in dollari. «E’ chiaro - aggiunge - che non avremo risultati immediati, però se si rimane sotto queste soglie le nostre performance possono migliorare in maniera considerevole. Un dollaro più basso rappresenta un vantaggio per tutti, sia per noi produttori che per i nostri distributori». «L’aiuto è di quelli consistenti ed arriva quasi in extremis, perchè con un cambio così alto le aziende hanno sofferto molto per mantenere le loro posizioni sui mercati», conferma il presidente di Federmeccanica, Fabio Storchi. Che rivela come, già a 24 ore di distanza dall’annuncio, le mosse delle Bce abbiamo prodotto effetti anche sul fronte finanziario: «Oggi ci ha chiamato una primaria banca per offrirci un finanziamento a 5 anni con spread molto interessanti. Anche questo è un segnale importante, che fa ben sperare».
La lista dei prodotti made in Italy che di qui ai prossimi mesi potrebbero essere «baciati» dalla svalutazione dell’euro pilotata dalla Bce è lunga. Non ci sono solo le piastrelle e la meccanica. «Non c’è dubbio che il nostro cambio si stabilizzerà ad un livello più basso - spiega Alessandra Lanza, capo economista di Prometeia – e l’impatto sulle nostre esportazioni sarà certamente molto forte. Perché quest’anno il mercato che tira davvero sono gli Stati Uniti, paese verso il quale le nostre esportazioni stanno finalmente iniziando a posizionarsi, cosi come ci avvantaggerà in tutte le esportazioni extra Ue. Tra l’altro, mentre fino ai primi anni duemila, dopo la stagione delle svalutazioni competitive, l’effetto cambio sull’export era meno evidente perché quello era un momento in cui i prodotti si riposizionavano in termini di qualità e il prezzo contava meno; adesso, con questa crisi perdurante in molte aree del mondo e con i paesi emergenti che rallentano, il fattore-prezzo è tornato importante». E così ad essere premiati saranno innanzitutto i settori come «i beni di consumo, In primis i prodotti alimentari, comparto che ha cominciato tardi a internazionalizzarsi ma che sta crescendo moltissimo - aggiunge l’economista - . Come pure settori molto forti sulla qualità, ma che sono esposti ad una concorrenza vastissima, come la meccanica (e in particolare l’automotive)» Anche la moda trarrà vantaggi, «ma più il bello e benfatto che il luxury».
Ovviamente un cambio basso comporta anche problemi. «E’ un’arma a doppio taglio – ricorda Lanza – perché determina automaticamente un aumento del costo delle materie prime che finisce per penalizzare soprattutto settori come la chimica e in molti casi impedisce alle imprese di beneficiare a pieno dell’effetto svalutazione».
«Speriamo che il dollaro scenda rapidamente: per noi l’ideale sarebbe quota 1.20, ancor meglio 1.10 - dice Storchi -. Perchè in questo modo potremmo recuperare il gap di competitività che ci penalizza da anni. Prima c’erano le svalutazioni competitive poi è arrivato l’euro e le nostre imprese si son trovate schiacciate tra un contesto che le penalizzava ed un cambio che non solo non si poteva più manovrare ma anzi continuava a rafforzarsi. Era ora che si potesse fiatare un poco».
Twitter @paoloxbaroni
Paolo Baroni