ebook di Fulvio Romano

domenica 14 settembre 2014

Lorenzo Mondo: Garlasco fa rimpiangere i segugi...

LA STAMPA

Cultura

La lezione di Garlasco

rimpiangendo i segugi

Ripensando ai molti, efferati delitti rimasti insoluti attraverso i decenni, finiamo per rotolare sull’omicidio di Garlasco. E’ tornato di attualità dopo che la Cassazione, contestando ben due assoluzioni, ha riaperto il processo contro Alberto Stasi, accusato di avere ucciso la fidanzata Chiara Poggi. A sollecitare il nostro interesse, non è la fascinazione per i fatti di sangue che decretano il successo di molti ebdomadari e programmi televisivi, ma il «modus operandi» degli inquirenti che getta luce sulle cause di tanti insuccessi nella lotta al crimine.

Vediamo. Per incastrare Alberto Stasi, in mancanza della prova regina che sarebbe l’arma del delitto, si è proceduto a verificare nuovi e vecchi indizi. Il capello, mai prima analizzato, nella mano della vittima. La bicicletta nera alla quale sarebbero stati sostituiti i pedali. I graffi, mai apprezzati, sull’avambraccio sinistro di Stasi. I frammenti di pelle sotto le unghie di Chiara: analizzati a suo tempo senza risultato, sono stati di nuovo confrontati con il Dna dell’imputato, servendosi, a quanto ci raccontano, di una tecnica più sofisticata. Ma i minuscoli frammenti di materiale biologico si sono troppo deteriorati. Per forza, dal momento che sono rimasti sette anni a frollare in un frigorifero. Sicché si tornerà a ripetere l’esame della «camminata» di Stasi, per stabilire una buona volta se era possibile che le sue scarpe non conservassero tracce di sangue muovendosi sull’imbrattato luogo del delitto.

Stando al senso comune, queste scarpe immacolate dovrebbero rappresentare l’indizio più forte della sua colpevolezza. Il capello, le unghie, i graffi, la bicicletta. E il sangue, zampillato e invadente. Tracce assortite con qualche bizzarria sulle quali investigare con accuratezza e tempismo. Ma non sembra che le tecniche più evolute, l’ossequio alla scienza criminologica, abbiano avuto ragione dei più grossolani errori, delle distrazioni e dimenticanze che costellano questa inchiesta e la rendono amaramente esemplare. Vien da rimpiangere, insieme alla tenacia insonne, l’elementare fiuto di un Maigret o un Montalbano, la tattile pratica del segugio.

E’ vero, si tratta di eroi da romanzo, ma chi l’ha detto che non si possa imparare da una fertile immaginazione? E almeno questo insegnano gli investigatori di carta: che non si devono aspettare sette anni per «non» acchiappare un assassino o anche soltanto per ricredersi, per ammettere di avere sbagliato. Evitando il bel risultato di rovinare la vita a un innocente o conferire a un colpevole l’abusiva aureola del perseguitato.

Lorenzo

Mondo