Aosta
In cima al Monte Bianco
imprudenza e inciviltà
Tra alpinisti inesperti che non si legano e rifugi usati come pattumiere
Tra alpinisti inesperti che non si legano e rifugi usati come pattumiere
Un punto interrogativo che pare inderogabile: come regolare l’accesso alla montagna per la sicurezza delle persone e per l’ambiente? La situazione pare esplodere all’improvviso sul versante francese del Monte Bianco in un’estate non certo favorevole all’alpinismo. Negli ultimi giorni, con una finestra di bel tempo, si sono acuiti i problemi di sempre, dovuti a una concentrazione di alpinisti. Persone che affrontano il Bianco senza badare alle normali regole di sicurezza, altri che devastano o insozzano rifugi.
Il filmato della guida alpina valdostana Ezio Marlier sul percorso al Bianco via Dôme de Gouter è di martedì mattina: nove persone che, ramponi ai piedi, risalgono il ghiacciaio in fila indiana ma senza corda. Tra loro anche quattro ragazzi. «Una follia - dice Marlier -. Eravamo parecchie guide e tutti noi abbiamo fatto presente la pericolosità della situazione. La risposta è stata un “vaffa” o qualcosa del genere. Ma gente che affronta ghiacciai o arrampicate con la corda legata sullo zaino invece che alla vita è ormai routine. Non capisco, resto senza parole di fronte a persone, soprattutto dell’Est, che pare non sappiano dove si trovano e quali siano i pericoli della montagna». Gendarmi, cartelli di divieto: ormai il Bianco è una zona sotto sorveglianza. Due divise-blu della polizia francese hanno atteso il ritorno dalla vetta del Bianco di due polacchi (padre e figlio) che invece di trascorrere la notte al rifugio Tête Rousse si sono fermati cento metri più in basso e sono entrati nel piccolo bivacco riservato a una guida alpina spaccando con le piccozze porte e finestra. Sono stati identificati e multati. Non solo, il sindaco di Saint-Gervais, Jean-Marc Peillex, li ha denunciati e compariranno a novembre davanti al giudice. Dice Peillex: «Hanno fatto 2300 euro di danni. Adesso basta, bisogna fare il punto su una situazione non più sostenibile». Il sindaco aveva già denunciato quel padre americano che aveva portato verso il rifugio del Gouter i suoi due figli, investiti da una colata di neve e poi ridiscesi a valle. Una settimana fa per la terza volta da aprile una squadra di «netturbini d’alta quota» hanno raggiunto i 4.362 metri della storica capanna Vallot per ripulirla dai rifiuti. Lo stesso servizio era stato fatto a luglio. E nonostante i cartelli di divieto sono molti coloro che salgono fino al Gouter senza avere la prenotazione. Il risultato, come racconta ancora Marlier, «è che non si entra neppure più». Peillex sottolinea in continuazione la necessità di «un utilizzo responsabile del Monte Bianco», ma pare una battaglia perduta.
Alla base di tutto c’è una cultura della montagna ormai ridotta al minimo. Da un lato si invoca la libertà dell’alpinismo, dall’altra un aumento di divieti con relative ammende. L’ultimo esempio è la rabbia sottolineata dai genitori di Jassim Mazouni, il ragazzo di 16 anni scomparso con la guida alpina Ferdinando Rollando il 9 luglio sulla via normale italiana al Bianco. Come riportato ieri dall’Ansa hanno scritto al sindaco Peillex: «Le condizioni meteo erano pessime. Ma nessun divieto, nemmeno una segnaletica di dissuasione, impedisce l’ascensione nel caso di un tale pericolo. La nostra rabbia è immensa». È evidente che l’approccio e la promozione della montagna e dell’alpinismo necessita una revisione.
enrico martinet