Italia
Lite sul nucleare
Parigi dice basta
alle scorie italiane
La Francia pretende una soluzione definitiva
Proteste in Piemonte: non faremo da pattumiera
Proteste in Piemonte: non faremo da pattumiera
La storia del nucleare piemontese è raccolta in un film presentato nell’ultima edizione cinemAmbiente e intitolato Là suta (là sotto). La pellicola è il frutto del lavoro di Daniele Gaglianone, Cristina Monti e Paolo Rapalino. Giampiero Godio storico attivista No Nuke ed ex ricercatore Enea all’Eurex di Saluggia ha fatto da «Caronte» in questo viaggio tra Bosco Marengo, Saluggia e Trino Vercellese. Passato e presente si rincorrono mentre a turbare il silenzio che ha riavvolto la questione nucleare è arrivata Parigi. La Francia, infatti, ha deciso di bloccare il trasferimento del combustibile nucleare da ri-processare. Perché? Secondo Marco Grimaldi, capogruppo di Sel al consiglio regionale del Piemonte, «i francesi sono dubbiosi della nostra capacità di mantenere gli impegni presi e quindi di avviare il deposito nazionale di stoccaggio entro il 2025».
E così, le ultime 47 barre di combustibile nucleare esaurito aspettano nella piscina della Enrico Fermi e altre 13,2 tonnellate di combustibile irraggiato giacciono all’Avogadro. «Se il combustibile non parte lo smantellamento dei siti si ferma», denuncia ancora Grimaldi. Secondo Godio sarebbero necessari altri tre viaggi per ri-processare questo materiale.
I dubbi francesi non sembrano campati in aria visto che in base alla legge 368 del 2003 il deposito nazionale avrebbe dovuto essere operativo entro la fine del 2008. Così non è stato. Chi non si ricorda la rivolta di Scanzano Ionico che era stata indicata come possibile sito? Anni di silenzio poi ai primi di giugno qualcosa si muove. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha stabilito i criteri per l’individuazione del deposito nazionale.
Il centrosinistra piemontese, però, non si fida. E così domani in Consiglio regionale approverà una mozione per chiedere a Chiamparino di dare una sveglia al governo Renzi. Dal loro punto di vista il deposito nazionale deve essere individuato in tempi brevi altrimenti si corre il rischio che il Piemonte «dove è stoccato il 96% dei rifiuti radioattivi presenti a livello nazionale diventi la pattumiera nucleare italiana».
A Saluggia, infatti, la Sogin sta costruendo due depositi che dovrebbero essere temporanei ma che hanno caratteristiche tali, cioè sono bunkerizzati e con una funzionalità non inferiori ai 50 anni da poterli trasformare in sito definitivo. Godio, però, sottolinea come Saluggia è situata in un triangolo tra il fiume Dora Baltea e i due canali artificiali Cavour e Farini. Dunque non sarebbe idonea ad ospitare il sito. Stesso discorso vale per Trino. Legambiente, così, chiede al governo di «fermare gli inutili lavori per la costruzione dei depositi temporanei perché è assurdo che a pochi mesi dalla definizione del sito di stoccaggio nazionale si continuino a sprecare soldi per la costruzione di nuovi depositi nucleari temporanei, peraltro in siti totalmente inidonei».
In attesa di capire che cosa faranno il premier Renzi e i suoi ministri, la Sogin conferma il rispetto dei tempi, cioè ai primi di gennaio del 2015 consegnerà a Ispra e ai ministeri competenti la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee. Serviranno tre mesi di verifiche per autorizzare la pubblicazione della mappa, prevista per i primi di aprile. Chiamparino, che ha già parlato con i vertici dell’azienda di Stato, prova a portarsi avanti con il lavoro: «Spero che la discussione per l’individuazione del sito sia contrassegnata da elementi di responsabilità e razionalità».