ebook di Fulvio Romano

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martedì 9 settembre 2014

Dopo il” basta!” francese, sarà il Piemonte la pattumiera nucleare?

LA STAMPAweb

Italia

Lite sul nucleare
Parigi dice basta
alle scorie italiane

La Francia pretende una soluzione definitiva
Proteste in Piemonte: non faremo da pattumiera

La storia del nucleare piemontese è raccolta in un film presentato nell’ultima edizione cinemAmbiente e intitolato Là suta (là sotto). La pellicola è il frutto del lavoro di Daniele Gaglianone, Cristina Monti e Paolo Rapalino. Giampiero Godio storico attivista No Nuke ed ex ricercatore Enea all’Eurex di Saluggia ha fatto da «Caronte» in questo viaggio tra Bosco Marengo, Saluggia e Trino Vercellese. Passato e presente si rincorrono mentre a turbare il silenzio che ha riavvolto la questione nucleare è arrivata Parigi. La Francia, infatti, ha deciso di bloccare il trasferimento del combustibile nucleare da ri-processare. Perché? Secondo Marco Grimaldi, capogruppo di Sel al consiglio regionale del Piemonte, «i francesi sono dubbiosi della nostra capacità di mantenere gli impegni presi e quindi di avviare il deposito nazionale di stoccaggio entro il 2025».
E così, le ultime 47 barre di combustibile nucleare esaurito aspettano nella piscina della Enrico Fermi e altre 13,2 tonnellate di combustibile irraggiato giacciono all’Avogadro. «Se il combustibile non parte lo smantellamento dei siti si ferma», denuncia ancora Grimaldi. Secondo Godio sarebbero necessari altri tre viaggi per ri-processare questo materiale.
I dubbi francesi non sembrano campati in aria visto che in base alla legge 368 del 2003 il deposito nazionale avrebbe dovuto essere operativo entro la fine del 2008. Così non è stato. Chi non si ricorda la rivolta di Scanzano Ionico che era stata indicata come possibile sito? Anni di silenzio poi ai primi di giugno qualcosa si muove. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha stabilito i criteri per l’individuazione del deposito nazionale.
Il centrosinistra piemontese, però, non si fida. E così domani in Consiglio regionale approverà una mozione per chiedere a Chiamparino di dare una sveglia al governo Renzi. Dal loro punto di vista il deposito nazionale deve essere individuato in tempi brevi altrimenti si corre il rischio che il Piemonte «dove è stoccato il 96% dei rifiuti radioattivi presenti a livello nazionale diventi la pattumiera nucleare italiana».
A Saluggia, infatti, la Sogin sta costruendo due depositi che dovrebbero essere temporanei ma che hanno caratteristiche tali, cioè sono bunkerizzati e con una funzionalità non inferiori ai 50 anni da poterli trasformare in sito definitivo. Godio, però, sottolinea come Saluggia è situata in un triangolo tra il fiume Dora Baltea e i due canali artificiali Cavour e Farini. Dunque non sarebbe idonea ad ospitare il sito. Stesso discorso vale per Trino. Legambiente, così, chiede al governo di «fermare gli inutili lavori per la costruzione dei depositi temporanei perché è assurdo che a pochi mesi dalla definizione del sito di stoccaggio nazionale si continuino a sprecare soldi per la costruzione di nuovi depositi nucleari temporanei, peraltro in siti totalmente inidonei».
In attesa di capire che cosa faranno il premier Renzi e i suoi ministri, la Sogin conferma il rispetto dei tempi, cioè ai primi di gennaio del 2015 consegnerà a Ispra e ai ministeri competenti la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee. Serviranno tre mesi di verifiche per autorizzare la pubblicazione della mappa, prevista per i primi di aprile. Chiamparino, che ha già parlato con i vertici dell’azienda di Stato, prova a portarsi avanti con il lavoro: «Spero che la discussione per l’individuazione del sito sia contrassegnata da elementi di responsabilità e razionalità».
maurizio tropeano

martedì 1 luglio 2014

Vietare il burqa non viola i diritti umani

( commento: da vecchi laici non possiamo che gioirne... Peccato che la critica al fondamentalismo sia lasciata a Bonanno e alle sue pagliacciate vergognose ...)

Da GIORNALETTISMO

Il divieto del burqa in Francia non viola i diritti umani


di   - 01/07/2014 - Secondo la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo la legge protegge i diritti altrui


La legge francese che impone il divieto d’indossare il burqa in pubblico in quanto vieta di nascondere integralmente il viso non viola il diritto alla libertà di religione né quello al rispetto della vita privata. Lo stabilisce la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, ripresa dall’agenzia Ansamed.

IL GIUDIZIO DELLA CORTE - La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito in una sentenza definitiva che la legge francese che impone il divieto di portare il burqa e il niqab in quanto vieta di nascondere integralmente il viso, entrata in vigore  l’11 aprile 2011, «persegue lo scopo legittimo di proteggere i diritti e le libertà altrui e di assicurare il rispetto dei minimi requisiti del vivere insieme». I giudici, continua la sentenza, comprendono «che vi possano essere persone che possono desiderare di non vedere in luoghi pubblici pratiche o comportamenti che possano mettere in questione in modo sostanziale la possibilità di avere delle interazioni sociali aperte».

BACCHETTATA LA FRANCIA - Il governo francese ha quindi ragione nel sostenere che l’indossare un velo che nasconde il viso viola i diritti altrui a vivere in uno spazio in cui lo stare assieme è agevolato. La Corte non ha però accettato la motivazione del governo francese secondo cui la legge sarebbe stata introdotta per assicurare la sicurezza pubblica in quanto un divieto totale di niqab e burqa non può essere considerato «necessario in una società democratica». Il governo, infatti, avrebbe potuto ottenere lo stesso risultato imponendo l’obbligo di mostrare il viso in caso di controllo d’identità. I giudici «bacchettano» però la Francia ritenendo che «emanare leggi come quella in questione possa contribuire al rafforzamento di stereotipi e intolleranza verso certi gruppi, mentre lo Stato ha il dovere di promuovere la tolleranza». (Photocredit copertina Lapresse)




lunedì 30 giugno 2014

FOLKLORE METEO. Il grano, la mietitura, il tempo e... il cucùlo.

LA GIAVELO E IL COUCOU

di Fulvio Romano

(detti provenzali, piemontesi e francesi sul tempo della mietitura)

Era dopo san Giovanni che cominciavano le mietiture. Poche ancora a giugno, il resto a luglio: "En jun quaucùn, en juliet a plen pougnet". E infatti un detto che ritroviamo un po' dappertutto raccomandava: "A san-Jan lou voulame en man". Lou voulame o lou voulam, altro strumento archeo ormai sotto naftalina nei musei contadini, era il falcetto, quello che si usava per tagliare una "punhà" d'erba ma soprattutto di grano, o segale. Veniva formata così la "javelo", la javelle, la mannella, e cioè quel poco di fascina di grano che poteva stare in una mano e che veniva tagliata con lou voulam, legata quindi con un "liam" di paglia e lasciata sul campo ad essiccare prima di comporre il covone, la "gerbo", o la "capàla", come si faceva in Langa mettendo insieme le "giavele" tagliate con il "munsueròt". E la "javelo" era protagonista o comprimario, a seconda dei casi, di molti detti. Un simbolo temporale, un'immagine salda nell'immaginario calendariale, così come richiedeva d'altronde un paletto come il "san Giôan" che da solo valeva "tuti i Sant". La "javelo" la ritroviamo già all'origine delle origini del calendario, quando si avvertiva che una chiara notte di Natale avrebbe poi portato una "claire javelle", e cioè ad una mietitura rada, forse per la stagione troppo anticipata che il plenilunio natalizio provocherebbe. Oppure, al contrario, visto che la javelo-javelle indicava anche le piccole fascine di sarmenti delle viti potate, poteva invece -il plenilunio nella notte santa- predire una scarsa vendemmia... Altra convinzione radicata era che la pioggia sulla "Chandelo" (e cioè sulla Candelora) avrebbe poi bagnato anche la "javelo", nonostante la distanza temporale tra i due eventi. Ma anche qui c'è un'altra versione che conferma comunque questa centralità estiva della "javelo" : "Sa piòou 's la Chapelo, piòou 's la javelo". Dove la "Chapelo" indicava il baldacchino utilizzato dal prete nella processione paesana del Corpus Domini. Paesaggio ormai ignoto, quello delle giavele posate sul campo in attesa di diventare covoni. Anche se, in quello che era un tempo il loro momento, ancora oggi ascoltiamo gli ultimi ritmati canti del cuculo, ormai in partenza dalle nostre valli e colline. E infatti: "A la proumiero javello, lou coucou quito la terro".

(nella foto di Maria Ferrero -20 luglio 2011- sulla collina di Montechiaro (Bastia) si ripete l'antico rito della "giavela")

sabato 21 giugno 2014

Festa d'estate. San Giovanni e il "froumentìn", nella tradizione occitana e franco-piemontese.

Il finale di giugno, anzi la festa di san Giovanni, era il momento adatto per seminare in montagna il grano saraceno. Una sentenza occitana, raccolta da Garnero, descriveva con una viva immagine la scadenza: Cante lou préire paso benedii coun lou baldaquìn l’è ouro de semenàa lou froumentin…. ( Quando il prete passa a benedire col baldacchino è ora di seminare il grano saraceno).
Il prete, veste svolazzante e paramenti giallo oro procede in processione sotto il baldacchino multicolore sorretto da quattro giovani in salute del borgo. Le braccia tese, ostende il Sacramento ed è seguito da frotte di ragazzini e dal paese intero in rumorosa e malcerta preghiera. E' questa la sequenza rituale che da sempre accompagnava il rito tardo medioevale del Corpus Domini. Rito mutevole nel calendario, come lo era la data della Pasqua, da cui il Corpus Domini dipendeva, ultima festa lunare. E quindi la semina del Froumentìn, noto anche come Fourmentìn o Granèt, era primaverile-estiva, potendo variare, con la data del Corpus Domini (60 giorni dopo Pasqua) dal 20 maggio al 24 giugno. Date simili a quelle che troviamo nelle altre aree agricole europee, come ad esempio la Francia del Lionese dove la data per la semina di questa poligonacea adatta a cibare i celiaci, era la festa di saint-Pothin, il due di giugno: "A la Saint-Pothin, bonhomme, sême ton sarrasin". Oppure nel Gard, dove il grano saraceno veniva chiamato Blamauro, così come nella Francia Contea dove era invece Grije e, si credeva, veniva fatto rigoglioso dall'arrivo del gelido vento invernale del Nord: la Bise: "Année de Bise, année de Grije". In Trentino era invece la pioggia dell'Ascensione a decretare l'arrivo di una ricca annata di rape e di Formentone, altro nome del nostro: "S'el piove el dì de l'Ascensiòn, ven rave e formentòn"... Fatto sta che questa pianta, che d'estate colorava di rosso le pendici delle nostre Alpi, dalla val Tanaro alla val Po, fu dal XVI secolo in poi la salvezza di contadini e montanari che avevano a che fare con la Piccola Era Glaciale. Il gelo che, fino alla metà dell'800, imperversò in Europa con inverni freddi e primavere umide mandava in rovina le semine invernali cosicché furono sovente i grani estivi a salvare le comunità alpine. Quando il 27 giugno del 1857 una spaventosa tempesta distrusse i raccolti di grano, uva e granoturco a Prarostino, nelle valli valdesi, i campi - come ci racconta Teofilo Pons- furono nuovamente arati per seminarvi grano saraceno anziché frumento. Così per secoli il Fourmentìn, con il suo pane e la sua polenta, in purezza o mescolata con altri grani, farcita di formaggi d'alpeggio e di porri profumati, ha segnato un intervallo calendariale che iniziava con la primavera-estate ("Cant la feuillho ê â bouisoun, granèt e granetoun", si recitava nella val Sén Martìn) e che finiva, inesorabile, con la mietitura di San Michele, come conferma la tradizione del Limousin francese: "Sème ton blé noir (altro nome del nostro) quand tu voudras, mais pour Saint-Michel tu le moudras".

Fulvio Romano

(pubblicato su "Ousitanio vivo"

foto: la processione del Corpus Domini a Lingueglietta (1982)

domenica 8 settembre 2013

Vendemmia prevista eccezionale in Spagna, ma in ritardo... Quantità vicine a quelle italiane.

da El mundo

archivo
 Zonas Vitivinícolas 

PODRÍA SUPERAR LOS DE FRANCIA E ITALIA
España, hacia el cosechón


traduzione:

Spagna verso una vendemmia eccezionale

potrebbe superare quelle di Francia e Italia


ELMUNDOVINO

La capacidad productiva española de uvas, mostos y vinos, tradicionalmente más baja que la de nuestros principales competidores, Francia e Italia, por menores rendimientos relacionados con el clima más seco, se acerca a la de ellos este año e incluso podría superarlas. Ya se habla, según un informe del Observatorio Español del Mercado del Vino (OEMV), de 44 millones de hectolitros, superando la previsión de 42 millones que hace una semana hacía la organización agraria Unión de Pequeños Agricultores (UPA).

Las últimas estimaciones de vendimia en Francia, tras las fuertes tormentas registradas en zonas productivas importantes, se reducen por parte de la publicación Vitisphere de los 45,8 millones de hectolitros previstos en julio a los 43,8 millones que se prevén a principios de 
septiembre. En Italia, por su parte, y aun a falta de conocer las estimaciones del Istituto si Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA), previstas para mediados de septiembre, la Asociación de Enólogos italianos en su informe anual del 31 de agosto estima una cosecha "entre los 44 y los 45 millones de hectolitros". 


Para España, las estimaciones de distintos expertos apuntan hacia un entorno de 44/46 millones de hectolitros. En todos los casos se habla de retraso importante en las fechas de inicio de vendimia, por lo que las estimaciones son todavía aproximadas. También en todos los casos se prevé superar notablemente las cortas vendimias del año pasado, si bien en Francia e Italia se estaría en la media de años anteriores o incluso algo por debajo, mientras que en España se superaría en algo más del 10% la media de la última década, que se ha situado sobre los 40 millones. 

Menos viñedo, por los arranques de los últimos años, pero más productivo, permite a España prever aumentos de la producción en las próximas campañas y nos enfrenta al reto de venderlo, de forma rentable, en todos los mercados de productos vitivinícolas, según recuerda el OEMV.



Fecha de publicación: 06.09.2013

lunedì 19 agosto 2013

Clima e Vini: Francia, 2013 l'anno della grandine

Da El Mundo

Viticoltura 

Grande distruzione in tutta la Francia 
2013, l'anno della grandine


AFP

Grandi vini di Borgogna e di Bordeaux e piccoli Beaujolais, tutte le vittime del maltempo: diversi grandi grandinate hanno colpito nelle ultime settimane i vigneti in Francia e potrebbero influenzare la produzione di questa edizione del più grande produttore di vini mondo. Côte de Beaune, Pommard, Volnay in Borgogna, Entre-Deux-Mers e Côte de Castillon Bordeaux, Vouvray aggiunta elLoira e Beaujolais: migliaia di ettari di vigneti, alcuni famosi, sono stati colpiti. Tuttavia, la grandine non ha toccato le principali aree di Champagne o di Bordeaux né Alsazia.

Le ondate di temporali e grandine, dal luglio scorso, sono stati battuti su tutta la Francia causando ingenti danni. Il prezzo più alto è stato versato dai produttori di piccoli tagli da: Bordeaux Supérieur, Entre-Deux-Mers e Côtes de Castillon. 


Nella serata di Venerdì 2 a Sabato 3 agosto i 37.000 ettari colpiti nella regione di Bordeaux da una violenta grandinata, circa 7.000 ettari di vigneti hanno subito perdite del 80 al 100%. 


"L'area interessata è molto grande e ci sono le proprietà interi devastati e hanno perso quasi tutto", ha detto Bernard Farges, presidente del Comitato Interprofessionale del Vino di Bordeaux (CIVB). Secondo lui, tra 300 e 400 produttori interessati non possono fare deficit ezel come "il raccolto del 2013 già mostrato poco, a causa della difficoltà di fioritura nel mese di giugno." 


Vigneti di Bergerac sono stati colpiti dallo stesso evento di pioggia, soprattutto in cinque comuni che sono circa 20 produttori di vino. "In questa zona, alcuni sono stati colpiti da circa 80-100%, e gli altri in misura minore", dice Pierre-Henri Cougnaud, direttore della Federazione dei vini di Bergerac. 


Pochi giorni prima, era stato picchiato Beaujolais in un centinaio di ettari di 17.000 della denominazione. 


In precedenza, tempeste di grandine hanno causato ingenti danni in Borgogna. Così, nel prestigioso de Beaune denominazione Costa, tra 1.700 e 2.000 ettari sono stati influenzati, tra il 35% e il 40% del totale, e la distruzione era tra il 10% e il 100%, a seconda della zona. Pommard e Volnay hanno subito ingenti danni. Nei vigneti, dieci giorni dopo la pioggia ", il danno è chiaramente visibile", con trame influenzato "80%, 85% o addirittura il 95%", secondo il presidente del sindacato di Volnay, Thiébaut Hubert. 


Tuttavia, solo è possibile ottenere un rapporto completo a settembre, quando sono stati in grado di valutare la capacità di resistenza dei ceppi colpiti. 


"Ciò ritarda il raccolto non dovrebbe iniziare prima del 28 settembre, ma la cosa importante ora è il tempo nel mese di settembre. Dovrebbe avere vento da nord e sole", spiega Hubert, aggiungendo che il raccolto sarà "più a lungo, perché la necessità di selezionare ciascun cluster nello stesso ceppo. " 


Pessimista, Chenu Caroline, presidente del sindacato dei produttori di vino Savigny-lès-Beaune, dice che "ci vorranno due anni per trovare il legno non sia danneggiato", perché "nel 2014, il legno colpito si romperà e non ci fare un buon raccolto. " 


A metà giugno, tempeste di grandine hanno danneggiato circa 200-250 ettari di Cahors e causato notevoli danni nei vigneti di Vouvray nella Loira.



Data di pubblicazione: 2013/08/19



giovedì 15 agosto 2013

La Francia torna a consumare

La Francia torna a consumare

Famiglie e spesa pubblica

spingono il pil oltre le attese

La produzione industriale è ripartita, le famiglie sono tornate a consumare, l’import-export ha ritrovato slancio. Così la Francia ha trovato la via d’uscita dalla recessione, e nel secondo trimestre ha sorpreso mercati ed esperti di statistica con un rimbalzo del Pil come non se ne vedevano da due anni: +0,5%, tre punti base in più delle stime emesse a luglio dall’Insee nella sua periodica Nota congiunturale.

La spinta più rilevante è arrivata dalla domanda interna, che dopo aver oscillato intorno alla stabilità per nove mesi ha fatto segnare un incremento dello 0,3%, trainata dalla ripresa dei consumi di privati e pubblica amministrazione. Le famiglie francesi, infatti, tra aprile e giugno hanno ritoccato al rialzo le loro spese in servizi, in particolare per alberghi e ristorazione, hanno mantenuto elevate quelle in energia, anche a causa di una primavera fredda, e hanno persino ricominciato a investire in automobili , con spese in aumento del 2,1%, dopo un -5,5% nei primi tre mesi dell’anno.

Buone notizie sono arrivate anche dall’industria, che è «di nuovo dinamica», per dirla con l’Insee. La produzione di beni manifatturieri è aumentata del 2%, con un picco di +8,2% nei materiali da trasporto, e quella dei servizi commerciali dello 0,7%. Allo stesso tempo, le aziende sono tornate ad ingrandire i propri stock, segno di ottimismo per le vendite future.

Sul fronte internazionale, cielo sereno sia per le importazioni sia per le esportazioni, che avevano vissuto un inizio d’anno tormentato. Grazie alla loro crescita, rispettivamente dell’1,9% e del 2%, il contributo del commercio estero al Pil è tornato ad essere neutro, non più negativo come nei primi tre mesi del 2013.

In questo quadro idilliaco, però, emergono due piccole zone d’ombra. La prima riguarda gli investimenti a lungo termine, tanto nel pubblico quanto nel privato, che continuano a diminuire ininterrottamente dall’inizio del 2012, anche se nell’ultimo trimestre hanno rallentato il ritmo. La seconda, ben più preoccupante, è sul fronte dell’occupazione: tra aprile e giugno Oltralpe si sono persi 27.800 posti di lavoro dipendente, oltre il triplo di quelli cancellati nel trimestre precedente. La ripresa dell’attività economica, dunque, fatica ancora a tradursi in rilancio dell’occupazione.

chiara rancati



lunedì 29 aprile 2013

La Francia sedotta dal modello Letta...

Da Il Fatto Quotidiano


Francia, il 78% dei cittadini è favorevole all’inciucio all’italiana
E’ quanto emerge da un sondaggio dell’istituto Ifop, realizzato per il Journal du dimanche: quasi 8 intervistati su 10 si dichiarano favorevoli a un nuovo esecutivo, che metta insieme esponenti di sinistra, centro e destra. Il 47% si è spinto ad auspicare perfino la partecipazione di esponenti del Front National di Marine Le Pen

di Leonardo Martinelli | 29 aprile 2013


Avete presente la Francia, quel paese dove un sistema elettorale maggioritario, con collegi uninominali e votazioni a due turni, consente sempre e comunque di costituire una maggioranza salda e duratura in Parlamento? Ebbene, quel paese, tanto invidiato, almeno da questo punto di vista, da numerosi italiani, guarda ora al nostro inciucio, alias il nuovo governo a larghe intese, addirittura con invidia.

E’ quanto emerge da un sondaggio dell’istituto Ifop, praticamente il più affidabile oltralpe, realizzato per il Journal du dimanche: il 78% degli intervistati si è dichiarato favorevole anche in Francia a un nuovo esecutivo, che metta insieme esponenti di sinistra, centro e destra. Il 47% si è spinto ad auspicare perfino la partecipazione di esponenti del Front National di Marine Le Pen. Sì’, l’estrema destra, ormai non più ostracizzata da queste parti (undici anni fa, quando Jean-Marie, il padre di Marine, era finito al secondo turno delle presidenziali contro Jacques Chirac, quest’utimo aveva attirato il 90% dei consensi). Il Journal du Dimanche ha giustificato il sondaggio prendendo spunto proprio dal governo presieduto da Enrico Letta, definito “una buffonata” dal leader dell’estrema sinistra, Jean-Luc Mélenchon, ma per il resto accolto a Parigi con una buona dose di interesse. E di subitaneo desiderio di imitazione.

Cosa sta succedendo in Francia? Succede che la situazione economica si sta deteriorando sempre più, che la disoccupazione macina un record dietro l’altro. E che François Hollande, eletto presidente appena un anno fa, registra una quota di popolarità di appena il 24%, record minimo per un capo di stato francese. Hollande non convince più e neanche Jean-Marc Ayraut, il premier socialista. E se, per gestire l’attuale emergenza sulla base di un amplio consenso, si ricorresse a un governo di larghe intese, come fatto ora in Italia e nel passato da altri paesi, Germania compresa? L’idea era stata lanciata negli ultimi giorni innanzitutto da François Bayrou, leader del centro. Ma poi anche da Benoist Apparu, esponente dell’Ump, il partito di centro-destra, lo stesso di Nicolas Sarkozy. La sua posizione è stata in seguito condivisa dall’ex premier dell’epoca Sarkozy, François Fillon, per il quale “Hollande dovrebbe pensare a una politica sostenuta sia da una parte della sinistra che da una parte della destra”.

Sembrava fantapolitica. Ma il sondaggio, che a Parigi ha rappresentato una sorta di choc, mostra che pure il francese medio sarebbe favorevole a una soluzione del genere. La percentuale è ovviamente alta tra gli elettori dell’Ump (l’89%), esclusi dal governo attuale. L’appoggia anche il 79% di quelli dell’Fn. Ma perfino i due terzi degli elettori della sinistra spera ormai in un epilogo di questo tipo. Secondo Bruno Jérome, ricercatore all’università Paris-II, “le grandi coalizioni rendono più facili le riforme strutturali, ma sono possibili nei paesi dove il consenso sociale è più forte”. Insomma, non proprio in Francia, dove, su certe questioni, vedi la riforma del mercato del lavoro, le divisioni sono nette e dolorose. In effetti l’inciucio alla francese sembra nella realtà dei fatti assai improbabile. Soprattutto perché non è necessario come in Italia. In Francia il Partito socialista (che, va ricordato, alle elezioni del giugno 2012 ottenne all’incirca la stessa percentuale di voti del Pd alle ultime legislative italiane) puo’ contare sulla maggioranza assoluta dei seggi e in più su un presidente, certo impopolare, ma in teoria in sella ancora per quattro anni. E’ dai tempi della Liberazione che la grande coalizione (dalla sinistra alla destra al potere) non vede più la luce. Allora fu il generale De Gaulle a ricorrere a quella soluzione, quando il sistema elettorale non era quello attuale. E quando si doveva affrontare un’emergenza politica ed economica. Apparentemente oggi i francesi ritengono di vivere un momento ugualmente difficile.

lunedì 25 marzo 2013

Francia: l'acqua minerale contiene farmaci e pesticidi, quella dei rubinetti pesticidi...

Un'indagine della rivista "60 Millions de consommateurs" ha rivelato la presenza nell'acqua in bottiglia di 10 su cinquanta ditte di pesticidi e di un ormone usato nella cura del cancro al seno...
Analoga analisi condotta sulle acque pubbliche di dieci città ha rivelato pesticidi in sette...

Da Le Figaro:


Une étude réalisée par 60 Millions de consommateurs révèle la présence de molécules chimiques dans l'eau en bouteille, à des taux très faibles.
Le magazine 60 Millions de consommateursest formel: sur cinquante eaux en bouteille testées - minérales ou de source - dix contenaient des traces de médicaments ou de pesticides (1).
Une pierre dans le jardin des embouteilleurs, tout particulièrement pour les eaux minérales. Ces eaux, en effet, ne sont pas jugées pour leur seule qualité sanitaire qui doit être une évidence mais aussi pour leur «pureté originelle». Elles ne doivent subir aucun traitement chimique (comme les eaux de source) et leur composition minérale doit être stable tout au long de l'année.
Quand on connaît l'énergie dépensée par les entreprises pour mettre à l'abri de toute pollution les sources de leur marque les plus prestigieuses il y a de quoi s'interroger sur l'état général de l'environnement et des nappes souterraines.


«Grande surprise»
Les auteurs de l'étude affichent d'ailleurs une certaine prudence sur un des résultats qu'ils qualifient eux-mêmes de «grande surprise». Leur étude montre en effet que 10 % des eaux en bouteilles analysées «présentent des résidus de tamoxifène», une hormone de synthèse utilisée dans le traitement du cancer du sein. «Les teneurs sont certes extrêmement faibles: au maximum de 0,001 % de la dose habituelle pour un traitement en buvant 1,5 litre», précisent-ils, mais ils persistent et signent: le laboratoire, en refaisant toutes les analyses, est arrivé aux mêmes conclusions. «C'est un médicament spécifique pour le cancer du sein. Il faudrait pour qu'il arrive dans les zones protégées de captage que des égouts rejettent l'urine de femmes soignées et que ces eaux pénètrent jusque dans l'aquifère profond», s'interroge pour le moins perplexe Yves Lévi, chercheur au laboratoire de santé publique et d'environnement de l'université Paris-Sud, alors que la plupart des sources se trouvent à des centaines de kilomètres de villes et d'hôpitaux.
La revue ne s'est pas contentée d'analyser les eaux en bouteilles mais aussi des eaux du robinet qui ne s'en sortent guère mieux puisque sur un échantillonnage réalisé dans dix villes, ils ont trouvé des traces de pesticides dans sept d'entre elles.
L'ensemble de ces résultats a provoqué lundi la réaction immédiate des professionnels. «L'eau vendue aux consommateurs est parfaitement saine et les prélèvements effectués sont de l'ordre de la nanotrace», s'est offusqué le Syndicat des eaux de sources. «Il n'y a aucun résidu de médicaments dans les eaux minérales naturelles», a renchéri la chambre syndicale du même nom et «les traces de pesticides trouvés le sont à des niveaux infinitésimaux et donc parfaitement conformes à la réglementation». Ce travail va être suivi d'autres. L'Anses a ainsi engagé une grande campagne d'analyse sur les eaux embouteillées qui portera, si nécessaire, sur les sources mêmes. Les résultats seront connus en 2014.
(1) Hepar, Mont Roucous, Saint-Aand, Vittel, Volvic, Carrefour Discount, Cora, Cristaline, Salvetat, Saint-Yorre et trois marques d'eaux en bonbonnes: O'water, Obio, Culligan Val-de-Marne


venerdì 1 marzo 2013

Quanto guadagnano invece in Francia, Germania e Svizzera...

Da Sostenibile blog


Per la tipologia dell'organizzazione statale, il paese confinante a noi piu' simile è senz'altro la Francia.

In Francia, i consiglieri regionali percepiscono un'indennità commisurata alla popolazione delle regioni che rappresentano. Si va dai 1'500 euro mensili delle regioni con meno di un milione di abitanti ai 2'600 euro per le regioni con oltre tre milioni di abitanti.

Diversa la situazione per la Germania che, essendo un Paese federale, riserva alle Regioni (Länder) competenze piu' numerose ed importanti di quelle attualmente attribuite alle Regioni italiane. Ci si aspetterebbe che i salari dei parlamentari dei Länder tedeschi siano piu' elevati di quelli italiani, ma naturalmente le cose stanno diversamente.

In Germania, i parlamentari dei Länder ricevono salari determinati in base alle leggi regionali: si va dai 2'280 euromensili di Amburgo ai 9'500 euro "fuori scala" della Renania settentrionale-Vestfalia. Il dato medio si aggira attorno ai 4'500 euro mensili ed equivale a circa la metà dei salari medi dei consiglieri nelle Regioni italiane, pur a fronte di un'economia ben piu' forte e ricca, e di un'efficacia amministrativa di ben altra qualità.

Infine, qualche parola sulla Svizzera, altro Paese federale, a cui spesso l'Italia del nord guarda come un modello di efficienza.

In Svizzera, i Cantoni hanno competenze e poteri molto maggiori anche dei Länder tedeschi, ma i membri dei parlamenti cantonali percepiscono un salario mensile pari a...zero euro. Perché la politica non è considerata una professione, e cosi', anche i consiglieri comunali ed i parlamentari nazionali non ricevono nessuna remunerazione, ma svolgono le loro professioni di sempre ed al contempo partecipano alle sedute dei parlamenti: il tasso di assenteismo è bassissimo se paragonato a quelli italiani.