Italia
Quando Craxi disse: mai impannellarsi
Culminato nella cerimonia della firma per i referendum del leader del centrodestra, l’incontro politico tra Pannella e Berlusconi ripropone un’altra delle analogie tra la caduta della Prima Repubblica, vent’anni fa, e quella ormai annunciata della Seconda. Protagonista, anche in questo caso, il leader radicale autore delle mille battaglie per una giustizia giusta - compreso il referendum del 1987 sulla responsabilità civile dei magistrati - e il super-inquisito Craxi, che ormai meditava l’esilio. Nell’ annus horribilis che correva tra il 4 maggio ’93, giorno in cui la Camera a voto segreto negò l’autorizzazione a procedere contro l’ex-presidente del consiglio socialista, e per reazione una folla di manifestanti lo accolse all’uscita dell’hotel Raphael con il famoso lancio di monetine, e lo stesso mese dell’anno successivo, quando si apprese che era fuggito ad Hammamet, Pannella lo avvicinò più volte per convincerlo a continuare a combattere dal carcere. «Vedrai che sarà meglio per te, la gente rifletterà, in cella diventerai un simbolo come Tortora», gli diceva, puntando sull’antica amicizia e militanza comune che li legava dai tempi dell’Unuri, il parlamentino universitario pre-sessantottesco. Ma Craxi, forte proprio di quella confidenza, lo mandò a stendere e preferì la fuga. Una regola non scritta per Bettino era infatti che si potesse essere amici di Pannella, ma non alleati. Quando La Malfa e Altissimo, nel 1987, avevano tentato di mettere su con i radicali un «polo laico», e si erano presentati insieme alle elezioni, il giudizio tranchant di Craxi era stato: «Peggio per loro, se ne accorgeranno. Non bisogna mai farsi impannellare da Marco».
Dettaglio più, dettaglio meno, è andata allo stesso modo in questi giorni tra Pannella e Berlusconi. Per tutto agosto Marco ha preparato l’incontro! dando pubblicamente a Silvio lo stesso consiglio che aveva dato a Bettino tanti anni fa: «Accetta la pena e vai in carcere. Diventerai il simbolo della nuova battaglia per la giustizia, come Tortora». Quando però se lo è trovato di fronte, e ha capito che Berlusconi non aveva alcuna intenzione di rassegnarsi, nè di consegnarsi, e soprattutto che piuttosto che finire in cella avrebbe fatto cadere il governo, Pannella non s’è perso d’animo. «L’importante è che tu venga subito a firmare per i referendum. Poi, se vuoi, puoi anche andare all’estero...».
Così a una perfetta analogia tra Craxi e il Cavaliere manca solo la decisione di quest’ultimo di prendere il largo. Con una differenza: all’inizio di maggio ’94, i giudici di Mani pulite chiesero all’ormai ex-segretario socialista di consegnare il passaporto, ma dovettero scoprire che era troppo tardi. Il 4 Craxi era stato avvistato a Parigi, il 18 mandò da Hammamet il primo di una serie di fax che avrebbero scandito la sua lunga agonia, politica e umana. Stavolta invece la Cassazione e la Procura di Milano si sono premuniti: il 2 agosto, all’indomani della condanna, i carabinieri erano già ad Arcore, e in men che non si dica Berlusconi è rimasto senza documenti per l’espatrio. Da allora in poi, non a caso, parla quasi come se si sentisse già prigioniero.
Marcello Sorgi