ebook di Fulvio Romano

giovedì 9 agosto 2018

Attacco hacker al Quirinale Un’unica regia per nove città

LA STAMPA

Italia

Inquirenti al lavoro con i colleghi dell’Fbi

sulla tempesta di tweet anti-Mattarella

Attacco hacker

al Quirinale

Un’unica regia

per nove città

Un’unica regia dietro la tweetstorm - la «tempesta di tweet» - scatenata contro il Presidente della Repubblica, attraverso le nove porte di accesso di interscambio italiane della Rete. Se è presto per affermare che la matrice dei tweet al veleno sia russa, si rafforza invece l’ipotesi che dietro i troll che li hanno diffusi si nasconda un’unica organizzazione che in pochissimo tempo ha attivato quasi 400 profili account tramite 9 Internet eXchange Point (Ixp in sigla) italiani. 

Un’azione veloce e coordinata che in un breve lasso di tempo ha attivato i nove snodi nazionali del web per amplificare al massimo la potenza di Twitter. Più esattamente da Milano (dove esistono due piattaforme), Torino, Padova e Udine, fino a Firenze, Roma, Bari e Olbia, si è scatenata un’ondata di insulti e accuse a Sergio Mattarella sotto l’hastag #MattarellaDimettiti. 

Una campagna populista di critiche contro il Capo dello Stato, la notte tra il 27 e il 28 maggio scorsi, dopo che il leader del M5S Luigi di Maio ne aveva chiesto l’impeachment ritenendolo «colpevole» di aver fatto saltare il primo incarico di governo al premier Giuseppe Conte per il siluramento di Paolo Savona come ministro dell’Economia. 

Una tempesta di tweet al vetriolo, su cui sta indagando sia la polizia postale sia l’intelligence interna e su cui la procura di Roma ha aperto un’inchiesta. Il fascicolo è al momento contro ignoti e il pm Eugenio Albamonte ipotizza il grave reato di «attentato alla libertà del Presidente della Repubblica, offesa all’onore e al prestigio del Capo dello Stato e sostituzione di persona». 

Non è ancora stata quantificata con esattezza la mole dei tweet al vaglio degli inquirenti, ma si sa che sono diverse migliaia e che la loro divulgazione e moltiplicazione è avvenuta in tempi record grazie a un meccanismo di anonimizzazione (Tor in gergo informatico) sul quale non è semplice indagare.

Polizia e 007 sono impegnati a capire i tempi e le modalità con cui sono state utilizzate le nove porte di snodo online per il rilancio dei tweet. Un lavoro lungo e complesso che richiederà inevitabilmente parecchio tempo e che prevede anche la collaborazione con l’Fbi e agenzie d’intelligence straniere.

Ma intanto dubbi e polemiche infiammano il dibattito politico. A partire dalle dichiarazioni dell’ex premier Matteo Renzi, che, proprio sulla scorta della doppia piattaforma milanese Ixp (con Milano che si caratterizza come lo snodo capofila delle nove porte di accesso ai provider) ventila sospetti su un possibile coinvolgimento del M5S e l’Associazione Casaleggio. 

Il leader Pd non li nomina direttamente ma via Facebook dichiara: «Dopo la richiesta di impeachment del Capo dello Stato da parte di Di Maio, è partita una campagna contro Mattarella, non si sa orchestrata da chi, con la creazione di profili falsi su social. Da un soggetto politico imprenditoriale? Una via di mezzo, diciamo, tra una società e un movimento? Chissà? Fatto sta che crea dei profili falsi per chiedere le dimissioni del Presidente della Repubblica». E aggiunge: «Ho chiesto al procuratore Pignatone di essere ascoltato come testimone perché penso che su questa storia delle fake news si giochi parte del futuro dell’Italia. Due inchieste giudiziarie (l’altra è quella per i 49 milioni di fondi della Lega spariti, ndr) e un tema politico di peso: stretto tra questi tre fonti il governo giallo-verde non mangerà il panettone e presto toccherà di nuovo a noi». 

Ancora più esplicito contro la Casaleggio Associati è il deputato Pd Michele Anzaldi: «Inquietante la ricostruzione del Foglio, secondo cui dietro le accuse di Di Maio a Mattarella ci sarebbe stata la Casaleggio, anche attraverso il suo ex dipendente Pietro Dettori, oggi dipendente della Presidenza del Consiglio». Secondo Il Foglio, fu proprio Dettori a «chiudere Di Maio in una stanza del Palazzo dei gruppi di Montecitorio, facendogli pronunciare in diretta Facebook quelle fatidiche e minacciose parole rivolte al Presidente della Repubblica. Occorre chiarezza». E il premier Giuseppe Conte, la cui audizione al Copasir è prevista per settembre, annuncia: «Con i servizi di intelligence e la polizia postale stiamo continuando le verifiche per evitare in futuro situazioni di questo tipo. Ora l’indagine è coperta da segreto ma saremo assolutamente conseguenti per tutte le sanzioni e le misure». 

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grazia longo