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martedì 14 agosto 2018

merkel-sanchez, modello bipartisan di dialogo sui migranti

LA STAMPA

Cultura

merkel-sanchez, modello bipartisan

di dialogo sui migranti

Stefano Stefanini

L’immigrazione colpisce ancora. Non con i migranti: secondo le stime delle Nazioni Unite quest’anno ne sono arrivati in Europa poco più di un quarto rispetto al 2015. Colpisce, e condiziona, la politica. Dopo aver forzato il caso a giugno, l’Italia è spiazzata in agosto dall’accordo fra Berlino e Madrid. Per non essere perdente, Roma deve individuare lucidamente che lezioni trarne.

L’apparenza è negativa. Accettando di riprendersi i «migranti secondari», registrati all’arrivo e poi transitati in Germania, la Spagna avvalla sul piano bilaterale il precedente contro cui l’Italia ha strenuamente combattuto, bloccandolo, a Bruxelles. Inoltre, improvvisamente è la Spagna il Paese da aiutare magari anche da parte italiana. Dopo il danno, la beffa?

Mutuando liberamente dalla massima di Theodor Adorno sull’etica sessuale, chi si lamenta per primo ha sempre torto. Questo vale spesso anche in politica. Prima di aprire il rubinetto delle rimostranze, cerchiamo d’individuare le chiavi di lettura dell’intesa tedesco-spagnola per poi farne uso. Primo, essa è l’indiretta conseguenza del successo dell’Italia nel ridurre drasticamente dall’estate scorsa gli arrivi dalla rotta libica (e, per piacere, diamo a Cesare quel che è di Cesare: il risultato è stato ereditato dal precedente governo). La prima linea immigratoria s’era spostata dalla Grecia all’Italia, ora è arrivata in Spagna, a flussi ridotti. 

Secondo, c’è una conferma di quanto sostenuto dall’Italia: il problema è europeo. Appena tamponata una falla, la combinazione di pressione economico-politico-demografica, da Africa e aree di crisi, e d’industria dei trafficanti cercherà, e ne troverà, altre. Lo struzzo europeo non può continuare a cacciare la testa sotto la sabbia. Serve un impegno Ue: a) immediato nelle crisi, leggi Libia; b) di medio-lungo termine con l’Africa, creando anche canali legali d’immigrazione. L’Europa ne ha bisogno per colmare vuoti demografici, ma la deve poter scegliere. Questo però richiede «un’europeizzazione» nella gestione di arrivi, respingimenti e flussi, che ha finora incontrato resistenze nelle capitali – Roma compresa.

Terzo, l’accordo fra Madrid e Berlino, come quello precedente dell’Ue con Ankara, porta la firma di Angela Merkel. Con l’immigrazione che tocca corde profonde di politica interna, fare la voce grossa a Bruxelles è coreografia. La partita si gioca nelle capitali. E’ stato importante, per l’Italia, porre il problema sul tavolo dell’Ue. Quello che serve adesso è rimboccarsi le maniche e trattare con i Paesi direttamente interessati, o per destinazione o per contiguità geografica: Germania, Francia, Austria, in primis. Trattare a muso duro, ma trattare. 

Quarto, è evidente il sottofondo politico dell’accordo bilaterale di sabato scorso. L’intesa è fra Angela Merkel e Pedro Sanchez, fra due leader, solo apparentemente separati da anzianità di servizio e famiglie politiche, in realtà entrambi accomunati da centralità europea d’intenti e visione. Ci sono pochi dubbi che il dialogo fra esponenti di forze politiche tradizionali, destra o sinistra contano relativamente poco, sia più facile che non quello con i nuovi arrivati che non si riconoscono nell’una o nell’altra, come il governo giallo-verde. 

Eppure parlar bisogna. Anche, e soprattutto, con chi non è d’accordo. Per il nuovo governo italiano l’immigrazione è stata un tema elettorale; quando si passa dalla campagna alle responsabilità bisogna farne oggetto di politica e di