Cultura
un Pericoloso
corto circuito
in seno all’ue
Un infreddolito Carles Puigdemont passeggia per le strade di Bruxelles; la magistratura spagnola ne chiede l’arresto in contumacia. La patata bollente tocca al Belgio; politicamente se non giuridicamente, investe l’Ue. Il braccio di ferro fra Madrid e gli indipendentisti catalani ha travalicato i confini spagnoli. Puigdemont ha pateticamente fallito sull’indipendenza, ma è riuscito a «europeizzare» se non internazionalizzare la vicenda. Pur di fargliela pagare Madrid finisce col dargli una mano.
Istituzionalmente, l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo contro Puigdemont non fa una grinza; per di più, è al di fuori di qualsiasi competenza delle istituzioni europee. Per indipendentisti, secessionisti, autonomisti e simpatizzanti vari, in Catalogna e fuori, sarebbe tuttavia la dimostrazione, o conferma, che l’Europa è contro di loro. Che non vuole e non è in grado di gestire le istanze che li animano. A che serve l’Ue, si domanderanno catalani, fiamminghi, baschi, corsi, scozzesi e, perché no, altoatesini, veneti e lombardi, se sta a sentire solo le capitali che ci tassano e opprimono? Puigdemont si rivolgeva a Bruxelles per un dialogo. Ha avuto un «non c’entriamo» come unica risposta. Poi l’arresto.
L’Unione Europea ha fatto di tutto per ignorare la crisi catalana. Continuerà a farlo - dopo tutto adesso si riduce a un provvedimento giudiziario. Prima era un problema interno spagnolo, ora una questione bilaterale fra Spagna e Belgio. L’Ue non può però evadere una spiacevolissima alternativa: se il mandato d’arresto sarà eseguito, Puigdemont e i suoi ministri in «esilio» diventano vittime non solo di Madrid, ma anche di Bruxelles, belga e europea; se non sarà eseguito, salta per aria l’intera costruzione di una cooperazione giudiziaria di cruciale valenza anti-terrorismo.
L’esecuzione del mandato d’arresto europeo non è discrezionale; non richiede, come l’estradizione, una decisione politica. E’ un atto dovuto, istituito proprio per evitare le lungaggini e incertezze dell’estradizione. Fu avviato con rara rapidità nel secondo semestre del 2001 - dopo l’11 settembre - sotto presidenza belga dell’Ue. È considerato un cardine della cooperazione internazionale contro terrorismo e criminalità; è uno degli elementi che anche i più accesi sostenitori di Brexit vorrebbero veder sopravvivere all’uscita di Uk dall’Ue. A costo di una crisi di governo in caso di opposizione dell’Nva fiamminga, il Belgio difficilmente può rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo contro Puidgemont e i membri del sedicente governo catalano in esilio. Che chiedano o meno asilo politico.
Questo il versante della legge. Sul versante politico, il procuratore generale spagnolo va con la mano pesante. Il vice presidente Oriol Junqueras e sette ministri del destituito governo catalano - rimasti a casa - sono stati posti in stato d’arresto con effetto immediato. I capi d’accusa (ribellione, sedizione, malversazione) prevedono la prigione fino a 30 anni. C’è obiettivamente un contrasto fra la severità delle pene e i fatti di cui gli imputati sono responsabili: i secondi, dal referendum alla dichiarazione d’indipedenza, si sono svolti pacificamente e alla luce del sole. La consegna di Puidgemont, e dei suoi ministri che hanno cercato rifugio a Bruxelles, acquista inevitabilmente un sapore di persecuzione politica.
Per Belgio e Ue il dilemma è come rispettare il mandato d’arresto europeo senza fare di Puidgemont un prigioniero politico. La soluzione legalistica è sicuramente la più comoda; è anche quella che lo trasformerebbe da fuggitivo senza molta dignità in eroe dell’indipendentismo catalano.
Rajoy e Madrid dovrebbero riflettere a quanto convenga il pugno di ferro della giustizia penale. Pur di «dare una lezione» rischiano di riaprire le tensioni in una Barcellona dove hanno riportato la calma e d’inasprire ulteriormente il clima pre-voto del 21 dicembre. L’indipendenza catalana stava scivolando dal dramma alla farsa: perché versare olio su un fuoco che si stava spegnendo? Perché non lasciare Puidgemont a passeggio sulla Grande Place? A volte incassare e chiudere la partita in vantaggio è meglio che cercar di stravincere.
Stefano Stefanini