Italia
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Ma Salvini snobba Berlusconi
Tre comizi diversi per Musumeci. Il leader leghista non va alla cena
Tre comizi diversi per Musumeci. Il leader leghista non va alla cena
Giorgia Meloni l’ha battezzato ironicamente il «patto dell’arancino» detto alla catanese (la versione palermitana è arancina). Un patto che dovrebbe servire per lanciare il centrodestra alla riconquista di Palazzo Chigi sbarrando la strada ai 5 Stelle. Partendo dalla Sicilia, per la precisione da una trattoria alle spalle di via Etnea, dentro una vecchia palazzina un po’ sgarrupata. In molti scommettevano che Silvio Berlusconi non avrebbe messo piede in una trattoria tanto popolare, ma forse il nome (Trattoria del Cavaliere) lo ha invogliato a sedersi attorno a un tavolo con Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Lorenzo Cesa. Fino alle 23, però, sguardi increduli. «Se prima non arriva uno, non arriva l’altro...». Il candidato presidente Nello Musumeci ha temuto il forfait da parte dei tre leader, poi arrivati in forte ritardo. Matteo Salvini no: aveva già fatto sapere che sarebbe arrivato a cena già quasi finita. «Vengo a prendere un caffè». Non si vuole attovagliare, il leader della Lega non più del Nord, vuole mantenere le distanze. Infatti non c’è alcun patto che si fa davanti a decine di commensali e con i giornalisti nella sala accanto. Vedersi è una facciata di finta unità per consentire a Nello Musumeci di fare l’ultimo miglio da vincitore contro i «barbari» alle porte. Quei 5 Stelle di Gianfranco Cancelleri e Luigi Di Maio, coppia legata da un destino comune, i quali a Canicattì ieri ripetevano che il vero impresentabile si chiama Silvio Berlusconi.
Il leader di Forza Italia non ha voluto salire sul palco del leader leghista in cui campeggia lo slogan «Salvini premier». Non vuole portargli pubblico in piazza Bellini per metà piena, per metà vuota. Nè a Matteo ma neanche a Giorgia, a quella destra che vuole tenere vassalla. E che a suo parere rischia di non fare nell’isola il quorum del 5% mentre Forza Italia riempie il Politeama a Palermo e le Ciminiere a Catania. Un partito che sembra veleggiare nell’isola attorno al 15%. L’inizio di una cavalcata azzurra per la supremazia nel centrodestra.
Il vero patto è: chi prende più voti a livello nazionale, indica il premier. Dunque, questa «arancina» ha il sapore di una pantomima pirandelliana nella città pirandelliana per definizione.
Ma il Cavaliere prima di sedersi nell’omonima trattoria parla di «accordo di governo», di quanti ministri toccheranno ai suoi commensali presenti e ritardatari, tenuto conto che la maggioranza saranno tecnici. Da Messina, girando per quartieri popolari, Salvini fa sapere che nulla è stabilito, non gli interessa parlare di ministeri. Neanche alla Meloni interessa, almeno per il momento, mentre attorno a lei e Ignazio La Russa sventolano le bandiere dei Fratelli d’Italia e i militanti raccolgono firme contro lo Ius Soli sotto una enorme Fiamma tricolore che s’illumina al neon sulla facciata barocca di un palazzo in corso Sicilia: lì c’era la vecchia sede del Msi poi diventata An, riaperta e inaugurata pochi giorni fa proprio da Meloni. Lì si è formato il giovane Nello Musumeci, accanto al leader storico della destra post-fasciata Trantino. Dell’avvocato che è stato presidente della commissione Telekom Serbia, Nello ha preso l’eloquio almirantiano e alle Ciminiere dice che «la malapianta della mafia cerca alleati ovunque». Intendendo anche nelle liste che lo sostengono. «Ma non ci fermerà. Vinceremo: Dio è dalla nostra parte».
Guarda caso in sala non c’è Riccardo Pellegrino, il candidato di Forza Italia inquisito che di recente ha rivendicato con orgoglio in una tv locale catanese di essere amico di alcuni figuri delle cosche mafiose della città. Gli è stato detto di non farsi vedere.
Il Cavaliere ha l’orgoglio dei vecchi tempi. Passa da Palermo a Catania, i due polmoni elettorali che gli hanno dato grandi soddisfazioni nel passato. A Catania, in particolare, dove non veniva dal 2008: in questa città quell’anno, il suo Pdl raggiunse alle politiche la stratosferica percentuale del 50%. Vuole ripetere il miracolo, legge elettorale permettendo. Senza preoccuparsi dei tanti chilometri che Salvini ha fatto in una settimana di treno, autobus, saghe della ricotte, incontri con gli agricoltori di Vittoria e con i pescatori di Mazara del Vallo. La Lega senza Nord nel nome vuole dalla Sicilia il battesimo di una realtà nazionale, ma Berlusconi non crede che i siciliani gli possano dare questa soddisfazione.
Allora meglio arrivare tardi alla cena, all’ora del caffè per una stretta di mano: un teatro delle maschere per non siglare alcun patto. Salvini si tiene le mani libere e intanto pensa a far vincere Musumeci che è stato fin dall’inizio il suo candidato e quello della Meloni.
amedeo la mattina