Cultura
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Quelle 7 mila
cattedre rimaste vuote
Dalle dichiarazioni del mondo politico di questi giorni, sembra che la virtù o il vizio della riforma della Buona Scuola si misuri unicamente dal numero di insegnanti precari che vengono assunti, e quanti di questi debbano trasferirsi dal Sud al Nord.
Dimenticando gli obiettivi dichiarati di porre fine all’uso eccessivo dei supplenti e di migliorare la qualità degli apprendimenti degli studenti. Ad esempio, ieri il ministro Stefania Giannini ha detto che finora gli assunti sono 38 mila, più dell’anno scorso – dunque, neanche troppi trattandosi di un piano «straordinario» di assunzioni – e che solo 7 mila dovranno spostarsi da una regione all’altra.
La vera notizia, però, non è quanti insegnanti siano stati assunti, ma quanti non siano stati assunti. Mi spiego. Nei giorni scorsi è arrivata al dunque una delle fasi (la cosiddetta fase B) del piano straordinario di assunzioni, che doveva assegnare più di 16 mila cattedre «vacanti e disponibili» in tutta Italia ad altrettanti docenti, con la loro immissione in ruolo. I candidati potenziali a queste cattedre erano 71 mila, cioè quei docenti precari delle graduatorie ad esaurimento che avevano deciso di fare domanda di partecipazione al piano straordinario (quasi tutti gli iscritti a queste graduatorie ancora in attesa di posto fisso). Ebbene, nonostante gli aspiranti fossero più di quattro volte i posti disponibili, il ministero è stato in grado di assegnarne solo 9 mila su 16 mila. Come mai?
Semplicemente si è materializzato il pericolo che avevamo segnalato. Ossia, che fra i precari delle graduatorie ad esaurimento – anche prevedendo la possibilità di spostare i docenti da una regione all’altra – per diverse materie (soprattutto, nelle discipline matematiche, scientifiche, laboratoriali e anche nel sostegno) non ci sono abbastanza candidati con il profilo professionale e l’abilitazione giusta a coprire le cattedre di cui le scuole hanno bisogno. Di qui ben 7 mila rimaste scoperte, che non potranno essere neppure assegnate nella fase successiva del piano, quella del cosiddetto «organico di potenziamento», perché i candidati restano sempre gli stessi. Perciò andranno – esattamente come gli anni scorsi – a supplenti presi da altre categorie di precari, in particolare quelli iscritti alle graduatorie di istituto.
Il percorso della Buona Scuola per quanto riguarda assunzioni e assegnazioni alle scuole è lungi dall’essersi concluso: bisognerà attendere, oltre alla costituzione dell’organico di potenziamento (i 7-8 insegnanti per scuola che non occuperanno cattedre specifiche) nel corso di quest’anno scolastico, il piano, anch’esso «straordinario», di richieste di trasferimento all’inizio del prossimo. Ma qualche conferma cominciamo ad averla. In primo luogo, che la scelta della Buona Scuola di concentrarsi su un’unica categoria di precari è stata davvero improvvida, perché, come abbiamo visto, la maggior parte di questi docenti non servono ai bisogni delle scuole italiane, che dovranno continuare a ricorrere ai supplenti. In secondo luogo, che per dare ai nostri studenti continuità didattica e insegnanti non solo stabili, ma anche con il giusto profilo professionale, si dovrà aspettare l’immissione di insegnanti più giovani e più qualificati. Occorrerà quindi aspettare nuovi concorsi, selettivi e meritocratici: quello che si sarebbe dovuto fare sin dal primo momento.
Dalle dichiarazioni del mondo politico di questi giorni, sembra che la virtù o il vizio della riforma della Buona Scuola si misuri unicamente dal numero di insegnanti precari che vengono assunti, e quanti di questi debbano trasferirsi dal Sud al Nord.
Dimenticando gli obiettivi dichiarati di porre fine all’uso eccessivo dei supplenti e di migliorare la qualità degli apprendimenti degli studenti. Ad esempio, ieri il ministro Stefania Giannini ha detto che finora gli assunti sono 38 mila, più dell’anno scorso – dunque, neanche troppi trattandosi di un piano «straordinario» di assunzioni – e che solo 7 mila dovranno spostarsi da una regione all’altra.
La vera notizia, però, non è quanti insegnanti siano stati assunti, ma quanti non siano stati assunti. Mi spiego. Nei giorni scorsi è arrivata al dunque una delle fasi (la cosiddetta fase B) del piano straordinario di assunzioni, che doveva assegnare più di 16 mila cattedre «vacanti e disponibili» in tutta Italia ad altrettanti docenti, con la loro immissione in ruolo. I candidati potenziali a queste cattedre erano 71 mila, cioè quei docenti precari delle graduatorie ad esaurimento che avevano deciso di fare domanda di partecipazione al piano straordinario (quasi tutti gli iscritti a queste graduatorie ancora in attesa di posto fisso). Ebbene, nonostante gli aspiranti fossero più di quattro volte i posti disponibili, il ministero è stato in grado di assegnarne solo 9 mila su 16 mila. Come mai?
Semplicemente si è materializzato il pericolo che avevamo segnalato. Ossia, che fra i precari delle graduatorie ad esaurimento – anche prevedendo la possibilità di spostare i docenti da una regione all’altra – per diverse materie (soprattutto, nelle discipline matematiche, scientifiche, laboratoriali e anche nel sostegno) non ci sono abbastanza candidati con il profilo professionale e l’abilitazione giusta a coprire le cattedre di cui le scuole hanno bisogno. Di qui ben 7 mila rimaste scoperte, che non potranno essere neppure assegnate nella fase successiva del piano, quella del cosiddetto «organico di potenziamento», perché i candidati restano sempre gli stessi. Perciò andranno – esattamente come gli anni scorsi – a supplenti presi da altre categorie di precari, in particolare quelli iscritti alle graduatorie di istituto.
Il percorso della Buona Scuola per quanto riguarda assunzioni e assegnazioni alle scuole è lungi dall’essersi concluso: bisognerà attendere, oltre alla costituzione dell’organico di potenziamento (i 7-8 insegnanti per scuola che non occuperanno cattedre specifiche) nel corso di quest’anno scolastico, il piano, anch’esso «straordinario», di richieste di trasferimento all’inizio del prossimo. Ma qualche conferma cominciamo ad averla. In primo luogo, che la scelta della Buona Scuola di concentrarsi su un’unica categoria di precari è stata davvero improvvida, perché, come abbiamo visto, la maggior parte di questi docenti non servono ai bisogni delle scuole italiane, che dovranno continuare a ricorrere ai supplenti. In secondo luogo, che per dare ai nostri studenti continuità didattica e insegnanti non solo stabili, ma anche con il giusto profilo professionale, si dovrà aspettare l’immissione di insegnanti più giovani e più qualificati. Occorrerà quindi aspettare nuovi concorsi, selettivi e meritocratici: quello che si sarebbe dovuto fare sin dal primo momento.
* direttore Fondazione Agnelli