ebook di Fulvio Romano

mercoledì 9 settembre 2015

Venezia. Senza trama, con musiche da spot Sembra sempre lo stesso film

LA STAMPA

Spettacoli


Alla Mostra drammaturgie e scene creano curiose sovrapposizioni 

Magari per i cinefili puri e duri sarà pure normale. Però, scavallata la metà del festival, con i Leoni in vista e la crisi d’overdose da cinema ormai imminente, il profano esce dall’orgia di proiezioni con la curiosa impressione che parecchi film siano sovrapponibili per drammaturgia, situazioni e perfino musiche. Luoghi comuni in Mostra.

Ma che storia è? 

Bellocchio a parte, ieri c’era anche l’unico film d’animazione in concorso, girato con pupazzi in stop-motion: Anomalisa di Charlie Kaufman e Duke Johnson. Trama: l’autore di un celebre bestseller di consigli per venditori di call center (in America fanno i soldi anche così) è in crisi perché il mestiere non gli piace più, la moglie non l’ama più e il figlio rompe sempre di più. 

Quindi fuma troppo, beve troppo e fa inquietanti incubi di un freudismo perfino esagerato. Poi va a Cincinnati per una conferenza, trova una pupazza che gli piace, ci va a letto, medita di rifarsi una nuova vita con lei e poi invece torna a quella vecchia, dalla moglie e dal figlio. Stop. Si esce chiedendosi: e allora? Anche nell’Attesa di Messina non succede sostanzialmente nulla e non parliamo del film di Sokurov (che però almeno dice cose meravigliose).

Sesso orale 

(Solo per lei). Altro che parità: nel sesso, gode soprattutto lei. Infatti in Anomalisa il pupazzo-uomo pratica un cunnilingus alla pupazza-donna senza che lei ricambi, esattamente come in A Bigger Splash fa il pupazzone Matthias Schoenaerts alla sua pupa Tilda Swinton (in piedi, poi).

Nudo integrale

(Solo per lui).

Aggiorniamo il punteggio dei «frontali». Attualmente i maschietti conducono sulle femminucce per quattro a uno, perché a Eddie Redmayne, Matthias Schoenaerts e Ralph Fiennes si è aggiunto anche il pupazzo di Anomalisa, nudo sotto la doccia come una Edwige Fenech qualunque. Ma con un po’ di pancetta da stress.

Delibes forever

Il Leone musicale della Mostra va a Léo Delibes (1836-1891), e in particolare alla sua opéra-comique Lakmé (1883) e più in particolare ancora al duetto (atto primo, numero 2 della partitura) «Dôme épais, le jasmin». Lo cantano in Marguerite (ma per fortuna non la protagonista stonata, bensì il giovin soprano di buona voce) e lo fischietta in taxi anche il pupazzo di Anomalisa. Forse tanta popolarità si spiega con il fatto che era la colonna sonora di un celebre spot della British Airways. E si sa che - Xavier Giannoli (appunto, quello di Marguerite) a parte - non è che questi cineasti brillino per cultura musicale.

Il politicamente corretto

Continua a imperversare. Ieri si è appalesato all’Excelsior il francese Yann Arthus-Bertrand per promuovere il suo Human che verrà solennemente presentato all’Onu sabato. Tre ore di immagini meravigliose della Terra accompagnate da frasi di insostenibile buonismo, ripetute anche ai giornalisti: «Com’è possibile accettare che esista ancora la guerra?», «Con i migranti serve soprattutto benevolenza», «La sola risposta ai problemi del mondo è l’amore». 

Poi uno gli chiede se Hollande fa bene a bombardare in Siria e la risposta è: «Non devo rispondere io. Per risolvere il problema basterebbe che i religiosi musulmani condannassero la guerra». Eh già, è così semplice...

Gli incomprensibili

Quelli non mancano mai. Da segnalare ieri Interruption del greco Yorgos Zois, detto «l’Oscuro». In un teatro di Atene stanno rappresentando l’Orestea, in una messinscena fighetta tipo Bob Wilson, quando irrompe un gruppo di terroristi o forse solo di appassionati, ma comunque armati. 

Bloccano la tragedia e, installato il capo sulla poltrona del regista, la fanno ripartire recitata dagli spettatori. Poi il capo si immedesima in Oreste (o forse no) e si spara, inizia a piovere in palcoscenico (catarsi!) e siamo in una sala da ballo dove, appunto, si balla. Fine.

A questo punto, come nei fumetti, sulla testa dei pochi spettatori che ancora non avevano scelto la libertà è apparsa una nuvoletta con dentro il punto interrogativo. In ogni caso, niente buh. Ma molti boh.

Alberto Mattioli