Italia
Il collaboratore de La Stampa ha presentato denuncia ai carabinieri
«Erano in due, su una Bmw nera. Mi stavano aspettando su una piazzola, dietro casa mia, nella Langa astigiana. Un posto isolato, non so come sapessero che abito lì. Uno, alto, grosso, accento dell’Est, forse bulgaro o macedone, è sceso dall’auto e mi ha detto: “Tu, finché c’è la vendemmia, a Canelli non ci devi più venire”. Poi è risalito sulla Bmw, mentre l’altro mi guardava quasi con indifferenza. Ho provato a prendere il numero di targa, ma era coperta da un pezzo di cartone. E quelli, in un attimo, sono spariti. Solo in quel momento ho capito che dovevo stare attento».
È la testimonianza di Riccardo Coletti, 33 anni, il collaboratore della redazione di Asti de «La Stampa» per la zona di Nizza e Canelli, che ha raccontato per primo il dramma dei «migranti della vendemmia» sfruttati dai «caporali» della manodopera in nero, tra le vigne dorate del Moscato d’Asti. Cento, duecento lavoratori che arrivano in gran parte dall’Est Europa, per una paga che spesso non supera i 3-5 euro all’ora.
E Riccardo ha fatto il suo lavoro da cronista: per giorni ha «battuto» piazze e strade di Canelli, punto di ritrovo per bulgari, macedoni, marocchini, albanesi. È andato a vedere dove alloggiano questi disperati. Ha documentato, anche fotograficamente, le pessime condizioni in cui sono costretti a dormire quando tornano dalle fatiche della vendemmia: sdraiati sulle panchine, a cielo aperto oppure ammassati in tende di fortuna tra i boschi. E i pochi, più fortunati, ospiti di associazioni di volontariato come la Caritas.
«Lunedì - ricorda Riccardo - mi sono alzato all’alba per andare a cercare i migranti, a seguirli dalla strada alle vigne. Ho parlato con molti di loro, tra paure e silenzi: ho riempito il taccuino di storie. Ma quando sono risalito sulla mia Panda ho scoperto che era stata danneggiata e che qualcuno aveva anche cercato di forzare la portiera. Poi, tornando a casa, ho trovato quei due ad aspettarmi. A quel punto ho chiamato i carabinieri di Canelli, con il capitano Lorenzo Repetto, che da quel momento, voglio dirlo, mi sono stati sempre vicini. Che cosa farò adesso? Continuerò il lavoro di sempre, cercando di raccontare quello che vedo».