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mercoledì 14 agosto 2013

Bobo Craxi: papà si dimise al primo avviso di garanzia...

LA STAMPAweb

Italia

«Paragone con Craxi discutibile, mio padre si dimise al primo avviso di garanzia»

Bobo Craxi, la convince il paragone tra suo padre e Berlusconi, evocato anche nella nota di Napolitano?

«Mi pare discutibile e inopportuno. L’analogia è che sono gli unici primi ministri del dopoguerra condannati dalla giustizia. Ma le differenze sono sostanziali: uno per reati politici che coinvolgevano l’intero sistema, l’altro per reati connessi alla sua attività imprenditoriale ed esclusivamente personali. Infine, questione più importante: Berlusconi è capo di un partito di cui è proprietario, e lo resta anche dopo una sentenza definitiva, perché il Pdl è un’endiadi; mio padre guidava un partito democratico e per questo si dimise all’indomani del primo avviso di garanzia».

Non trova che anche suo padre, nel famoso discorso alla Camera, in fondo chiese «agibilità politica»? «Non chiese pacificazione né provvedimenti ad personam. Quando vide che il sistema rifiutava di difendersi, preferendo la logica del capro espiatorio, non potendo vincere la battaglia evitò di organizzare una resistenza a oltranza e scelse la strada più impervia, ma anche più rispettosa: l’esilio». Perché rispettosa, visto che la latitanza eludeva le sentenze? «Lo dico in modo paradossale... anzi no. Politicamente rispettosa, perché separando il suo destino da quello politico nazionale lasciava che il nuovo, che pretendeva di avanzare, facesse il suo corso. Berlusconi invece non prende atto della sconfitta, non separa il suo destino ma invoca una pacificazione irrituale». Dove sta l’irritualità? «Non è il secondo tempo del ’92, ma la resa dei conti interna al campo del nuovismo. Le vittime odierne, compreso Berlusconi, parteciparono 20 anni fa alla sbornia giustizialista». Come dovrebbe comportarsi? «L’agibilità politica è nelle cose. Da statista, dovrebbe accettare la sentenza senza stressare il quadro politico e poi pretendere in un secondo tempo un riconoscimento di clemenza, come del resto si dovrebbe a chi ha avuto responsabilità di governo. Se invece vuole spericolatamente ottimizzare la posizione di martire, non porterà nulla di buono a se stesso e all’Italia». [g. sal.]

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