Cultura
In matematica
la bellezza
viene prima
Si potrebbe descrivere la nostra vita come un insieme di scatole cinesi. Più la scatola è piccola più si ha un’apparenza psicologica di sicurezza insieme con un impoverimento delle possibilità vitali e intellettuali. Il mondo del consumatore digitale, preconizzato da Steve Jobs, è una di queste scatole molte piccole, confortevole e foderata di specchi. Percorrendo la sequenza in direzione crescente aumenta virtualmente l’insicurezza ma anche il raggio della possibile comprensione e dell’esperienza. Se la metafora funziona, si capisce perché valga la pena di leggere un libretto come L’irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali(Adelphi, pp. 63, € 7), tratto da una conferenza tenuta nel 1959 dal fisico Eugene P. Wigner. Un discorso che frantuma gloriosamente le certezze quotidiane e porta il lettore in un mondo incredibilmente complesso e aperto dove la comprensione scientifica della realtà è circondata da un’immane velo d’incertezza.
Per addentrarsi nel testo non è necessario essere laureato in matematica, si può seguire il ragionamento generale. Per Wigner la complessità del calcolo matematico che fonda le leggi fisiche, le invarianze tra fenomeni in continua mutazione, è tale da creare quasi un mondo per sé, dove la ricerca della bellezza formale spesso precede o oscura le preoccupazioni sull’efficacia della teoria. Ma, sorprendentemente, da quel vortice numerico, sideralmente lontano dalla nostra realtà, si ricavano poi teorie fisiche comprovate dall’osservazione sperimentale.
Un enigma antico: è il cervello che introduce i numeri nel mondo (insieme al tempo e allo spazio) o i numeri sono autonomi, sono l’essenza della realtà come volevano i pitagorici? Il matematico Paolo Zellini qualche tempo fa ha cercato, tra l’altro, di approfondire la questione in La matematica degli dei e gli algoritmi degli uomini (Adelphi, pp. 258, € 14), un libro brillante e profondo dove filosofia e scienza si compenetrano sul filo della storia e aprono molte porte di cui presagiamo l’esistenza, ma che il nostro sguardo non è capace di attraversare. A inventare la matematica, infatti, sono stati gli dei.
Claudio