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mercoledì 4 giugno 2014

L'incubo share. Giovani in fuga dalla tv pubblica

LA STAMPA

Italia

Incubo share, Mediaset si avvicina

Giovani in fuga dalla tv pubblica

Perso in due anni il 17% degli under 44. I coetanei di Renzi

la Rai ha un doppio problema: il primo istituzionale per il decreto Irpef che impone un taglio di budget alla Tv pubblica di 150milioni di euro, il secondo con i propri telespettatori. E quest’ultimo, per il professore Mario Morcellini (ordinario di comunicazione alla «Sapienza» di Roma), «è più grave del primo», non foss’altro perché imporrebbe «una rivoluzione di palinsesti e un ripensamento del modello dal punto di vista culturale». Insomma, cifre e tabelle fanno più paura dei tagli. Se a questo si aggiunge - come peraltro ha spiegato il consigliere di amministrazione, Antonio Pilati - che la «Rai ha ridotto negli anni gli investimenti, e che il costo del lavoro è pari al 36% dei ricavi (995 milioni di euro l’anno, mentre per Mediaset il costo del lavoro incide per il 13% dei ricavi) allora, c’è davvero da preoccuparsi. A partire dallo share, e dinanzi alla «fuga» dei giovani dai programmi di viale Mazzini. Il punto dolente è anche il pubblico tra i 35 e i 44 anni. Il target al quale appartiene pure il premier Matteo Renzi al centro delle tensioni proprio per il prelievo del Dl Irpef-Rai. E così a guardare i dati si scopre che la Tv di Stato nel biennio 2013-2014 ha perduto il 17 per cento di pubblico giovanile, merce «pregiata» soprattutto per gli inserzionisti pubblicitari.

In buona sostanza, riprende Morcellini, «alla Rai sono rimasti gli anziani», circa il 43 per cento della platea televisiva. Un bacino considerevole che, però, non basta a colmare l’emorragia di telespettatori, e dei giovani che alla Tv di Stato «preferiscono Mediaset», e in generale l’offerta digitale. La concorrenza, dunque, diventa più attraente per il «popolo televisivo», tant’è che nel mese appena scorso (rispetto al maggio del 2013) la Rai ha lasciato sul campo il 3,45 per cento mentre Mediaset ha guadagnato l’1,44 per cento.

Dati (analizzati dalla società Barometro) alla mano, per la verità, il segno meno non risparmia nessuna delle reti pubbliche (digitali comprese a parte Boing +0,19%) anche se quello che maggiormente colpisce, (maggio 2013-maggio 2014) è quello di Raiuno. L’ammiraglia pubblica perde l’1,76 per cento, mentre il primo canale del Biscione segna un +1,83 per cento. Certo, si potrà obiettare che maggio è solo uno dei dodici mesi del calendario, ma le reti di viale Mazzini nel periodo gennaio-maggio 2014 sono scese per la prima volta sotto la linea del 40 per cento: nel 2013 erano infatti al 40,2% e l’anno ancora prima al 40,03%. Una scivolata di 3 punti percentuali (anche lo scorsa share di Sanremo non ha giovato), che nel medio termine è destinata a ripercuotersi anche sul fronte degli introiti pubblicitari.

Insomma, «mamma Rai» perde colpi, «anche perché - riprende Morcellini - non è agile nelle decisioni e rischia di restare avvitata in una crisi da invecchiamento». Ma non basta. Perché i dati dimostrano che la fascia di «età renziana» preferisce «proprio un’altro tipo di Tv»: fatta di opportunità multimediali, interazione, confronto. E questo vale, sia per la platea maschile che per quella femminile.

Nel biennio 2012-2014 la Rai, infatti, ha perduto oltre il 2 per cento del pubblico femminile, che se sommati a quello maschile fanno oltre 365mila spettatori in meno. Cifre che per alcuni potranno apparire insignificanti ma che, in realtà, fanno la fortuna commerciale di numerose realtà digitali: a cominciare da Cielo che ha raddoppiato in un anno lo share, o a Discovery che con Dmax e Realtime è passata dal 5,21% al 5,87%.

PAOLO FESTUCCIA


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