ebook di Fulvio Romano

giovedì 26 giugno 2014

La svolta rischiosa dei grillini (Gualmini)

LA STAMPA

Cultura

La svolta

rischiosa

dei grillini

Pare difficile che dall’incontro tra Renzi e Di Maio possano venire grandi intese o cambiamenti significativi della legge elettorale. Questo dialogo in streaming, per la prima volta svolto senza l’ombra ingombrante del capo, segna però una svolta per il partito di Grillo: l’imprescindibile istituzionalizzazione di un movimento che in tempi ordinari deve giocare dentro all’arena parlamentare in modo diverso rispetto alle arene esterne, alle piazze e ai comizi della campagna elettorale fino ad ora permanente.

Che sulla legge elettorale l’incontro sarebbe stato sostanzialmente inutile lo si sapeva anche prima del fischio d’inizio. I due sistemi elettorali, l’Italicum e il Democratellum, rimangono molto distanti. Il secondo, come ha più volte sottolineato Renzi, non assicura la governabilità nemmeno con i risultati straordinari ottenuti dal Pd alle europee, il che esclude in modo netto che sia recepito così com’è. Nei suoi collegi inoltre si assegnerebbero in media 15 seggi rispetto ai 7 del sistema spagnolo che si dice di voler emulare, con l’effetto che i risultati sarebbero quasi perfettamente proporzionali. Infine, il meccanismo abbastanza bizzarro delle preferenze positive e negative, date anche a candidati di liste diverse da quella votata, moltiplica gli effetti perversi, i colpi bassi nelle lotte intestine tra candidati dello stesso partito o addirittura il gioco al massacro degli elettori di un partito nei confronti degli altri. E di certo non abbatte il voto di scambio o i clientelismi notoriamente legati alle preferenze, peraltro abolite a furor di popolo con la sequenza dei referendum del 1991 e del 1993.

Il dialogo istituzionale tra il Pd e i grillini quindi non sembra portare in concreto niente di nuovo, a meno che non consenta di andare verso un altro modello, che superi i limiti dell’Italicum grazie al ritorno ai collegi uninominali della Mattarella. Sarebbe davvero la soluzione migliore. Che tuttavia rischierebbe di buttare nel cestino l’accordo con Berlusconi che vuole le liste bloccate.

Dunque il sistema elettorale come un feticcio per parlare di altro e cioè dei rapporti di forza tra i due partiti. Renzi in più occasioni fa valere le «misure» del Pd registrate alle europee, incluse le 230.000 preferenze della Moretti contro le 30.000 del candidato grillino o i 180 voti di Di Maio alle parlamentarie, e anche in streaming continua a incalzare e a dettare l’agenda, con la fretta di buttare fuori l’elenco dei cinque punti su cui (forse) sarà possibile confrontarsi.

Di fronte al presidente-mattatore, la svolta parlamentare dei delfini di Grillo è talmente radicale rispetto ai toni della battaglia elettorale da fare impressione. Alla faccia della routinizzazione del carisma. Il carisma (o meglio il leader carismatico) non si vede più, non partecipa all’incontro e lascia il posto al colonnello Di Maio. Ad essere sinceri, il pathos del Toninelli che con l’orgoglio dell’azzeccagarbugli si affannava a spiegare le ardite tecnicalità del voto negativo ci ha fatto rimpiangere le invettive e le urla di scombinate di Beppe …

E poi le ostentate cortesie da entrambe le parti, i pochissimi affondi quasi infantili (voi raccogliete più preferenze perché siete un partito vecchio, avete più iscritti e più voto di scambio; voi invece non avete detto che facevate l’alleanza con Farage, noi lo diciamo prima; noi abbiamo presentato diecimila candidati puliti, voi no.). E infine la proposta di rivedersi dopo tre giorni. Da parte di un partito che non faceva accordi con nessuno. Insomma, mancava solo il tè con i pasticcini.

E’ il dilemma tipico della istituzionalizzazione, stare dentro al sistema oppure guardarlo da fuori. Il partito degli eletti che dopo un anno e mezzo di attività parlamentare deve per forza scendere a qualche compromesso per provare a non rimanere isolato. Non si sa bene quanto pagherà per un movimento di protesta e anti-sistema un cambiamento così radicale. Perdere l’anima movimentista a favore di quella dialogante è un rischio. Soprattutto se quel partito ha già raggiunto la soglia fisiologica dei consensi e la sua forza negoziale si sta prosciugando. Lo vedremo comunque tra poco se la svolta istituzionale dei grillini porterà a qualche risultato.

twitter@gualminielisa

Elisabetta Gualmini