Italia
I dati nelle regioni delineano un quadro a macchia di leopardo
I dati nelle regioni delineano un quadro a macchia di leopardo
Ma la ripresa nei distretti è cominciata
Trainata dall’export, con il Piemonte a più 6,9
Non è vero che va ancora tutto male, che l’economia arranca per forza. È vero, Confindustria ha da poco rivisto al ribasso (ad un magro +0,2%) le stime di crescita del Pil, ma in giro per l’Italia si moltiplicano i segnali di ripresa. Che investono intere regioni e molti comparti della nostra industria manifatturiera. Certo, la fotografia è ancora a macchia di leopardo, ma la rimonta è iniziata.
A tirare è soprattutto l’export. Giunti a metà anno i dati consolidati relativi ai primi mesi del 2014 sono confortanti: cresce del 6,9% il Piemonte, del 5,9 l’Emilia Romagna e del 2,1 la Toscana (con un vero e proprio exploit di Prato, +18%), Verona segna +3,3%, il Friuli un ottimo +7,3% (con Udine a + 9,7%). A continuare a correre (o male che vada a tenere) sono soprattutto i «mitici» distretti, gli «alfieri» del made in Italy, che in base all’ultima indagine di Intesa Sanpaolo appena sfornata, nei primi tre mesi del 2014 hanno messo a segno un incremento del 5,4% delle loro esportazioni. In pratica siamo arrivati al 17° trimestre consecutivo di crescita ininterrotta.
«All’inizio, subito dopo la grande crisi del 2009 – spiegano i ricercatori del Servizio studi “Isp” guidati da Fabrizio Guelpa - si trattava di un rimbalzo, negli ultimi trimestri però sono stati toccati nuovi massimi storici e si può finalmente parlare di ripresa, almeno sui mercati esteri». A tirare sono stati soprattutto i nuovi mercati (Emirati, Cina e Corea su tutti), dove le vendite sono salite del 7,4%, mentre i mercati tradizionali come Stati Uniti, Svizzera, Regno Unito e Germania hanno segnato comunque un buon +4,4. Notevole la spinta data alla crescita del tessuto produttivo italiano: due terzi circa dell’aumento del nostro export di manufatti registrato nel primo trimestre (che vale circa 1,7 miliardi di euro) è arrivato dalle aree distrettuali che hanno esportato 1,1 miliardi in più rispetto al 2013. «Si tratta di un risultato straordinario se si considera che i distretti rappresentano direttamente poco meno di un quarto dell’export totale italiano di manufatti». Del resto mentre i distretti crescono del 5,4% le aree non distrettuali (a parità di specializzazione produttiva) si fermano al 2,5, all’1,9 l’insieme della manifattura italiana. E anche i i nostri principali competitor restano di gran lunga staccati: l’export tedesco, infatti, è cresciuto dell’1,5%, mentre la Francia non è andata oltre un magro +0,6%.
A segnalarsi in questa rimonta sono soprattutto alcune tra le più importanti aree distrettuali italiane come la termoelettromeccanica friulana, l’oreficeria di Valenza e Arezzo, la concia di Arzignano e l’occhialeria di Belluno, seguiti dalla rubinetteria di Lumezzane e dalle piastrelle di Sassuolo. Inoltre – segnala sempre il rapporto di Intesa - sono ripartiti i tre più importanti distretti del tessile-abbigliamento (Prato, Como e Biella) e le due principali aree del legno-arredo italiano (Brianza-Livenza e Quartier del Piave).
Tra i 30 distretti più brillanti sono presenti tutte le specializzazioni: 11 del sistema moda, 8 nella meccanica, 5 nel sistema casa (2 nei mobili, 2 nei materiali da costruzione, 1 negli elettrodomestici), 3 nell’agro-alimentare, 2 in gomma e plastica e 1 nella filiera dei metalli. La ripresa sui mercati esteri, insomma, è diffusa più o meno in tutti i settori ed inizia a interessare anche i comparti legati al mondo immobiliare, coi materiali da costruzione che registrano un aumento dell’export del 7,8%, in linea con quanto osservato nei distretti della meccanica (+7,9%). I distretti specializzati in elettrodomestici hanno chiuso il trimestre con un +5,9%, mentre quelli che producono mobili sono cresciuti del 2,6%. Si sono poi mostrati particolarmente dinamici il sistema moda, con in testa le produzioni intermedie (+9,8%), mentre i distretti agro-alimentari sono cresciuti appena del 2,4%.
«L’effetto distretto – spiegano gli esperti - esiste ancora e offre una spinta in più alle imprese nel confronto competitivo sui mercati esteri». E in più «in molti di questi territori le filiere produttive non sono state spezzate e/o compromesse dalla crisi iniziata nel 2009, ma, al contrario, hanno saputo rinnovarsi, facendo leva sull’alta stabilità delle relazioni di partnership tra capofila e subfornitori e terzisti». Ed ora possono ripartire o continuare a crescere con più vigore.
Il futuro? Secondo il report di Intesa Sanpaolo «nei prossimi mesi l’export di confermerà il motore della ripresa», non solo dei distretti ma dell’intero sistema produttivo italiano. A condizione però che l’euro non si rafforzi troppo e che continui, come pare, la domanda di prodotti di qualità (oltre alla ripresa in tutta l’area euro).
PAOLO BARONI