ebook di Fulvio Romano

martedì 24 giugno 2014

Per carità! Prandelli invoca la Patria....

LA STAMPA

Prima Pagina

Per carità di Patria

Alla vigilia della battaglia decisiva, (Giulio?) Cesare Prandelli monta a sorpresa sul cavallo bianco della retorica nazionalista. «L’Uruguay ha un senso patriottico che noi non abbiamo». Hanno anche tante altre cose che noi non abbiamo, per esempio Suarez e Cavani. Ma non è il caso di stare a sottilizzare. Il momento è grave ed è probabile che l’appello del duce calcistico ai suoi manipoli («Giochiamo per la Patria!») abbia scosso nel profondo quei militi ignoti di Balotelli e Cassano, sempre che siano riusciti ad ascoltarlo abbassando per un attimo il volume delle cuffie. In bocca a un uomo mite, qual è almeno in apparenza il condottiero azzurro, il richiamo alla Patria suona come una mossa disperata. Vi ricorse Vittorio Pozzo durante i Mondiali del 1938, ma allora c’era il fascismo e in attacco avevamo Piola e Meazza. Possibile che la partecipazione al più importante torneo del pianeta non rappresenti di per sé uno stimolo sufficiente a far correre i nostri eroi? Non pare il caso di tirare in ballo certi paroloni già abusati da D’Annunzio, che giusto un secolo fa, brandendo la Patria come una clava, arringava le piazze per trascinarle in una guerra ben più sanguinosa di quella che attende oggi Chiellini e Darmian.

Ogni Paese ha la sua storia, caro Prandelli, e noi su quel fronte abbiamo dato in abbondanza. Forse esiste un modo più prosaico di essere fedeli alle proprie radici. Onorare la scuola calcistica italiana che ha vinto quattro Mondiali, ricominciando a giocare nel solo modo che ci riesce: difesa e contropiede. La Patria sentitamente ringrazia.

Massimo Gramellini