Italia
Renzi alla Ue: “La crisi non è finita”
“Abbiamo mille giorni per farcela”. Ma poi chiede all’Europa più “flessibilità” per le procedure d’infrazione
“Abbiamo mille giorni per farcela”. Ma poi chiede all’Europa più “flessibilità” per le procedure d’infrazione
Tre anni, mille giorni, traguardo al 2017 per le riforme di un’Italia «uscita dalla depressione psicologica ma non ancora dalla crisi». E per vincere la sfida con un’Europa che «o assume la battaglia contro la disoccupazione o non esiste sviluppo e crescita». Matteo Renzi lancia un messaggio di stabilità nel suo discorso programmatico di fronte alle Camere per il semestre europeo, quasi a voler rassicurare i partner Ue che il suo è un governo forte e radicato e non suscettibile di cadute improvvise.
Ma al contempo lancia una stoccata contro «la logica kafkiana di un’Europa che ti fa la procedura di infrazione perché non hai saldato i debiti della pubblica amministrazione e contemporaneamente ti impedisce di saldare quei debiti». Un colpo al cerchio e uno alla botte, con la garanzia che comunque l’Italia rispetterà gli impegni del patto di stabilità. «Il semestre di presidenza italiana deve essere l’occasione per un pacchetto di riforme. Ci prendiamo, dopo i primi 100 giorni più o meno scoppiettanti, un arco di tempo più ampio, di medio periodo, mille giorni, dal primo settembre 2014 al 28 maggio 2017», dice Matteo Renzi. Che inquadra il suo progetto, disegnandone la cornice. «Indichiamo un arco temporale ampio, sul quale sfidiamo il Parlamento: mille giorni in cui individuare, già entro settembre, come cambiare il fisco, lo sblocca Italia, come intervenire dai diritti all’agricoltura, dalla Pubblica amministrazione al Welfare, insomma come migliorare il Paese». Con un obiettivo dichiarato, quello considerato più significativo: «Ci piacerebbe che il Parlamento approvasse la legge delega sul lavoro entro la fine del semestre italiano Ue».
Insomma, il premier incita tutti «a recuperare l’orgoglio dell’italianità come desiderio di futuro legato alla possibilità di un cambiamento radicale: è questa la posizione con cui andiamo a sederci ai tavoli europei. Abbiamo sempre rispettato le regole, e continueremo a farlo ma c’è modo e modo di affrontare le regole».
Renzi squaderna così l’atteggiamento combattivo con cui si appresta a dirigere il semestre italiano di presidenza, dove «non chiederemo, come fecero a loro tempo i tedeschi, di superare il 3 per cento, ma di aiutare lo sforzo per le riforme». Lo fa alla vigilia di un vertice tra i capi di Stato, dove «l’Italia porterà la propria voce con grande determinazione e convinzione», per chiudere al meglio la complessa trattativa sui ruoli apicali della commissione.
Tiene due discorsi, prima alla Camera e poi al Senato, dove si assenta dall’aula durante il dibattito per assistere alla partita insieme alla Pinotti, bacchettato dai banchi delle opposizioni. Usa le sue comunicazioni per suonare la tromba e chiamare tutti all’appello di una sfida che potrà rivelarsi vincente solo se vissuta come «una gigantesca opportunità». Perché «il semestre europeo non è soltanto il luogo dove discutere di regole, vincoli, parametri, ma una opportunità per vincere la sfida educativa e culturale. L’Europa non può essere il luogo dove chiedere di volta in volta uno sconto di pena e con il cappello in mano cortesemente chiedere se possiamo avere questo o quel parametro considerato meglio».
Ecco perché l’Italia si appresta ad agire su più leve, contando su un peso rafforzato dall’esito del voto europeo, per portare a casa una o più cariche apicali negli organismi comunitari che andranno rinnovati. «Oggi l’Italia è più forte non solo per il risultato politico che ha visto un partito italiano quale più votato a livello Ue, ma anche perché ha recuperato autostima e autorevolezza per sedersi ai tavoli Ue: ci presentiamo con l’umile consapevolezza, la coriacea determinazione, di poter dire qualcosa».
Ma la stoccata più forte arriva sull’immigrazione, un problema che va condiviso in ambito continentale, perché «un’Europa che spiega al pescatore calabrese che non può pescare il tonno con una determinata tecnica ma poi quando ci sono i cadaveri si volta dall’altra parte, non è degna di chiamarsi Europa di civiltà». E quindi, «se dobbiamo sentirci dire “Il problema non ci riguarda”, rispondiamo “tenetevi la vostra moneta ma lasciateci i nostri valori”».
carlo bertini