ebook di Fulvio Romano

sabato 17 agosto 2013

La Bella Italia di Muti a Salisburgo...

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Spettacoli

La Bella Italia a Salisburgo

guidata da Muti con un Requiem da manuale

L’eccellenza musicale italiana è quasi tutta a Salisburgo, non solo nel fine settimana. Riccardo Muti, che ha presentato la traduzione tedesca del suo libro su Verdi, offre stamani al Festival il secondo concerto con la Messa da Requiem di Verdi, in serata Maurizio Pollini, nel medesimo Grosses Festspielhaus, dà un recital pianistico mentre Cecilia Bartoli, nell’attiguo Haus für Mozart, riprende la Norma di Bellini. Domattina ancora Muti con Verdi, mentre la sera Antonio Pappano riporta qui i complessi romani di Santa Cecilia per il War Requiem di Britten. Da Roma Muti farà salire a fine mese i complessi del Teatro dell’Opera per il Nabucco di Verdi dato in forma di concerto, mentre Riccardo Chailly scenderà da Lipsia con l’Orchestra del Gewandhaus.

Alla prima serata verdiana in sala c’era la medesima Bartoli e pure Anna Netrebko, alle prove è stato avvistato Juraj Valcuha, che a ottobre dirigerà la pagina a Torino nell’anniversario verdiano. Che Muti sia oggi il miglior direttore per la Messa da Requiem vuol dire portare i vasi a Samo, Festival compreso, dove la pagina è risuonata più volte sotto la sua bacchetta, con i Wiener Philharmoniker e il Coro dell’Opera di Vienna. Eppure in ogni occasione l’acutezza della sua lettura e la profondità espressiva non mancano d’illuminare questo o quel tratto, anche in senso nuovo. L’invocazione del coro alla pace eterna questa volta non solo era un soffio, ma si sviluppava come una nenia; l’attacco del Lacrymosa non era affatto un lamento, bensì una melodia cullante nello stacco ritmico. La voce mezzosopranile di Elena Garanca (in attesa del secondo figlio) aggiungeva alla bellezza del timbro un’espressione scultorea della parola, certo frutto anche del lavoro con Muti, che non ha rinunciato a un’altra fuoriclasse come il soprano Krassimira Stoyanova, che è sì in difficoltà nelle note gravi, ma di una sicurezza unica nel dominio e nel sostegno del registro acuto, come ha dimostrato ancora una volta nel Libera me. Dmitry Belosselskyi è un basso di vaglia, mentre il tenore di fama Piotr Beczała ha ascoltato molto Pavarotti, ma ha una tecnica che lo porta a sforzare nell’acuto.

Tutte le voci sono però strumenti del disegno verdiano, e la lettura di Muti ha reso nitida la continua interconnessione fra voci, coro e orchestra: ne sia prova il fatto che, mentre Beczała intonava l’Ingemisco, l’ordito degli archi appariva evidente. Ed erano i prodigiosi archi viennesi, capaci di una luminosità paradisiaca nella chiusa dell’Offertorium, dopo le parole fac eas transire de morte ad vitam, cantate dalla Stoyanova con voce angelica. Il coro, istruito da Ernst Raffelsberger, avrà sì avuto talvolta qualche incertezza di assieme, ma l’esatta trasparenza con cui ha poi intonato la fuga nelLibera me era da manuale.

Giangiorgio

Satragni


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