Italia
Tra i profeti di piazza
è scattata la guerra
di tutti contro tutti
Grillo, Santoro, Travaglio, è la diaspora
Grillo, Santoro, Travaglio, è la diaspora
Tra i più celebri guru dell’indignazione - Michele Santoro, Marco Travaglio, Beppe Grillo, Stefano Rodotà, ma anche alcuni magistrati - si stanno intensificando le reciproche ostilità: qualcosa che somiglia ad una diaspora in un mondo che per anni ha fatto massa, esercitando una profonda influenza in una parte dell’opinione pubblica di sinistra. Due giorni fa, in una intervista al “Fattoquotidiano” Michele Santoro ha dato una veste ideologica al suo possibile divorzio da Marco Travaglio: «Non dico che Marco abbia perso la sua indipendenza», ma lui vuole stare dentro la «gigantesca piazza Tahir», «la rivolta verso tutto ciò che è istituzionale» e in questo c’è «il rischio del fondamentalismo», con «una differenza di analisi» tra i due che Santoro stesso definisce «una contrapposizione non banale». Al punto da immaginare una separazione professionale da Travaglio, da anni protagonista di un monologo di grande successo all’interno dei contenitori televisivi santoriani.
L’annuncio di separazione di Santoro da Travaglio segue di pochi giorni un altro divorzio: quello che Santoro ha subìto ad opera di Grillo. Nel blog del guru cinque stelle è comparso con evidenza un commento molto critico verso una puntata di Servizio pubblico, colpevole di aver ospitato opinioni critiche nei confronti dell’ex comico, in particolare quella di un operaio della Lucchini: «Perché tutto quell’accanimento contro Grillo? Triste, molto triste assistere a trasmissioni faziose come quella». Anche in quel caso Santoro non aveva mancato di farsi sentire: «Credo che di fronte a questo attacco sia un’operazione di legittima difesa battersi per la libertà di stampa». Con tanto di avvertimento: «O Grillo impara a rispettare noi, o lo ripagheremo con la stessa moneta».
Se non è ancora una guerra di tutti contro tutti, poco ci manca. Di sicuro è l’inizio di una diaspora in un mondo un tempo monolitico, unito per decenni dalla granitica convinzione nelle proprie invettive contro il Palazzo e la Casta, ma anche nella individuazione dei nemici: non solo Berlusconi, ma chiunque fosse sospettato di avere un qualche rapporto col Cavaliere. Un mondo con i propri leader, con i suoi organi di informazione e incardinato su ambienti diversi (giornalisti, magistrati, sindacalisti, costituzionalisti) e più recentemente da un personaggio come Beppe Grillo che avrebbe potuto diventare il catalizzatore dell’area, ma che invece si sta rivelando personaggio irriducibile e quindi divisivo.
Fino ad oggi - accanto all’iniziatore Michele Santoro (in campo da 27 anni e inventore di quelle piazze mediatiche che ora ripudia senza tracce di autocritica) e a Marco Travaglio, il quotidiano “il Fattoquotidiano” diretto da Antonio Padellaro, il periodico “Micromega” di Paolo Flores d’Arcais. Maggiore ricambio nel mondo della magistratura: per anni il punto di riferimento è stato Antonio Ingroia (dopo l’infelice esperienza elettorale, vive con lo stipendio che gli eroga la Regione Sicilia), mentre ora il personaggio emergente di questo mondo è il viceprocuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo, sostenuto nella sua contrapposizione ad Edmondo Bruti Liberati. E quanto al mondo dei costituzionalisti l’appello contro i progetti del governo Renzi, promosso da Gustavo Zagrebelsky e Stefano Rodotà, è stato quasi ignorato dal “loro” giornale, “la Repubblica”. Una diaspora destinata a nuovi scrosci polemici se sarà confermata la presenza di Beppe Grillo a “Porta a Porta”, teoricamente la trasmissione simbolo della informazione detestata dal guru genovese, ma anche da tutta l’area un tempo unita nell’invettiva contro il Palazzo.
fabio martini