Cultura
Ebook, non decolla in Italia
il presunto nemico della carta
Fermo al 3 per cento, il digitale resta una Cenerentola
anche se è l’unico campo di ricerca e innovazione
Fermo al 3 per cento, il digitale resta una Cenerentola
anche se è l’unico campo di ricerca e innovazione
Parole di carta, parole d’aria, parole di bit. Al Salone del Libro si è discusso molto di editoria digitale e si sono viste diverse idee interessanti, tra startup e piccoli editori.
Ma poi, a chiedere tra i tanti visitatori se per caso qualcuno un ebook lo ha mai letto, la risposta è quasi sempre la stessa. No, sia pure con mille sfumature: chi non lo ha fatto perché non riesce a tradire la carta, chi trova complicati i lettori digitali, chi non si fida di Internet per gli acquisti. Nel mercato del libro italiano, l’ebook copre a stento il 3 per cento, ma è vittima di un circolo vizioso: vale poco, quindi le case editrici investono poco (e qui bastava dare uno sguardo al tristissimo banchetto dei lettori Kobo, da Mondadori). Lo spazio dedicato al digitale era risicato anche da Giunti, che pure ha annunciato un accordo con Amazon per la distribuzione di lettori Kindle nelle librerie accanto ai libri tradizionali. E in generale, svanito l’entusiasmo dei primi tempi, il mantra dell’ebook che salverà l’editoria si è sentito un po’ meno degli altri anni.
C’è molto da fare per ampliare il pubblico dell’ebook, e non sono solo librai ed editori a doversi muovere: il ministro Franceschini lo ha riconosciuto, quando ha detto che si impegnerà per portare l’Iva dal dal 21 al 10 per cento e ha auspicato un aggiornamento della riforma Levi oltre a un l’aiuto ai piccoli editori. Ma perché il 10 per cento se sui libri di carta l’Iva è al 4?
La situazione è grottesca, tra formati incompatibili, lucchetti digitali, strategie commerciali indecifrabili. E acrobazie fiscali: Apple e Amazon, ad esempio, sono registrate in Lussemburgo, quindi pagano sugli ebook il 3 per cento di Iva, contro il 22 per cento che grava sui titoli elettronici venduti da società italiane. Della questione si sta occupando la Commissione Europea, e con ogni probabilità col 2015 saranno in vigore nuove regole, ma intanto la sperequazione è evidente.
I segnali più interessanti forse non vengono dai grandi nomi: mentre il grande pubblico fa la fila per cuochi e cantautori, sono i piccoli editori e le startup che sperimentano, inventano, immaginano un futuro nuovo. C’è per loro uno spazio apposta, Book To The Future, dove si ragiona di biblioteche digitali e ebook in streaming, o di come pubblicare da soli un romanzo. Qui la rivoluzione del digitale non è solo una promessa, ma una realtà: con il software PubCoder per creare titoli interattivi, ad esempio, che permette di trasformare un libro in un’app, come fosse uno di quei vecchi volumi pop-up con una sorpresa ad ogni pagina. Con Spam, il magazine in realtà aumentata dove tutti possono collaborare inviando i propri contributi. E con molte idee nel campo della didattica e dell’editoria per l’infanzia, dove non si parla tanto di ebook, quanto di libri multimediali, espandibili e interattivi, che sfruttano tutte le caratteristiche dei tablet.
Salvo rare eccezioni, a oggi la letteratura digitale non ha ancora saputo esprimere le sue potenzialità, e quasi sempre un ebook è solo un libro senza la carta. Tra le app per bambini, invece, si trovano già piccoli capolavori di multimedialità, che uniscono alle parole immagini, video, musica.
Il libro del futuro convivrà a lungo con gli ebook testuali, i volumi di carta in edizione limitata, i blockbuster da pochi euro, i manuali e i romanzi rosa. Sta a editori e distributori saper cogliere le mille occasioni di un mercato che appare sempre più frammentato, come quello della musica. C’è spazio per ogni nicchia, per ogni idea: come quella di un’intraprendente azienda polacca, che ha presentato in un angolino nascosto del Salone un curioso ibrido tra smartphone e lettore ebook. Si chiama Onyx Midia InkPhone e arriverà tra qualche mese nei negozi italiani.
Bruno Ruffilli