ebook di Fulvio Romano

lunedì 19 maggio 2014

"Siamo tutte puttane"... Forse, ma tu perché lo sei? Diccelo!

da Huffington Post


Simona Bonfante

RICEVI AGGIORNAMENTI DA SIMONA BONFANTE

L'ipocrisia del "Siamo tutti puttane" di Annalisa Chirico

Pubblicato: 19/05/2014 12:24



Mai credere al Tizio che racconta di come la tal persona sia arrivata al successo solo perché passata dal letto di un Caio importante. Alle persone piace spettegolare, compiacersi del fatto che, se quello ha fatto carriera mentre lui no, è perché ha usato la più ovvia delle scorciatoie - e l'auto-compiacimento non viene meno anche se completamente privo del conforto di elementi probatori.

Nel gioco sociale del chi-si-è-scopato-chi-per-arrivare-al-potere si arruola chiunque manifesti più autostima che talento, e può avere qualunque ruolo, costui: il capufficio, la conduttrice tv, il personaggio politico venuto dal nulla.

Con il suo "Siamo tutti puttane" Annalisa Chirico sdogana il tema, dando sfogo ad un dibattito pubblico sul puttanismo come condizione più o meno universale dell'essere; ed ad un altro dibattito, al primo speculare - un dibattito clandestino, non necessariamente edificante, gossipparo appunto - su chi si sia scopata lei per arrivare lì.

Il coté pubblico della discussione sul puttanismo, va detto, non è tra i più appassionanti e coinvolge per lo più una categoria socio-anagrafica precisa, gli ex sessantottini - attualmente divisi in rimasti tali, e divenuti anti - del cui moralismo ipocrita e della cui doppiezza tra morale pubblica e privata, esiste in realtà già tutta una sterminata letteratura che spazia dalla politica al costume - di cui oltretutto sono ormai addirittura gli stessi protagonisti a farsi autori. È stato il moralissimo Scalfari, per dire, a raccontare il bigamismo crudele cui ha sottoposto per una vita le sue due rispettabilissime signore, non appunto la fatica editoriale della nostra.

La Chirico dunque non scopre l'acqua calda, né aggiunge elementi probatori al velleitarismo moralizzatore delle se-non-ora-quandiste. Ci dice quanto quelle siano ipocrite - cosa acclarata - ma non ci fa vedere cosa sia la non-ipocrisia.

Dice "noi" siamo tutti puttane, lasciandoci inferire che lo sia anche lei. Non ci dice tuttavia se e in che modo lei stessa si sia prostituita - col proprio corpo o la propria mente - per arrivare ad essere una frequentatrice di salotti tv dopo esser partita, come tanti, da un blog -un blog addirittura radicale, nel senso di pannelliano. Figuriamoci la popolarità!

Questa omissione, oltre a nutrire il cazzeggio gossipparo, rende l'autrice ipocrita al pari dei suoi avversari, perché a farci puttani sono scelte personali precise, non generiche condizioni dell'essere, o particolari appartenenze culturali. Si può cioè scegliere eccome anche di non essere puttani.

Se non si vuole essere ipocriti al pari dei moralisti di cui si denuncia l'ipocrisia, quindi, non basta collezionare citazioni colte da Wikipedia, farci su un libello e dedurre che puttani siamo tutti. Bisogna partire da sé. Dire "io sono puttana/o" - se lo si è stati davvero - ed argomentare, circostanziare, far arrivare al cuore del puttanismo. Fare i nomi dei personaggi importanti a cui ci si è prostituiti ottenendone vantaggi - rassegnandosi al fatto che questo potrebbe creare imbarazzi nei salotti per bene, che proprio la popolarità ci ha invece adesso abituati a frequentare. Alludere senza provare è ipocrisia. Toh, gossip - e il gossip lo avevamo già.

Essere così anti-ipocriti da raccontare di sé avrebbe permesso al dibattito sul puttanismo di andare oltre la inevitabile curiosità su quali lenzuola possano eventualmente essere risultate decisive alla carriera dell'autrice, e mostrare piuttosto come la moralità - che i sinistri riconducono ad una proiezione virginale di sé - si misuri invece proprio sulla capacità di spogliarsi delle ipocrisie coperte dall'anonimato, dall'astrazione, e vestirsi piuttosto di verità, anche quelle meno convenienti per chi come mestiere ha scelto di operare, non di letto, ma di intelletto, ponendosi oltretutto l'ambizione non di contrapporre luoghi comuni a luoghi comuni ma di scardinare il giochetto intellettualmente vile per cui cattiveria, corruzione morale, pavidità - ipocrisia, appunto - appartengono al dirimpettaio, sempre e solo all'altro da sé.

@kuliscioff