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domenica 18 maggio 2014

Se Renzi perde le elezioni... No tripe for cats!

Da HUFFINGTON POST


E già, se Renzi perde le elezioni si ritira dalla politica. A quel punto: no tripe for cats

Pubblicato: 18/05/2014 18:19


Di Maurizio Guandalini

Se ritornasse a due mesi fa, statene pur certi che il premier si sarebbe candidato, come avevamo consigliato noi, capolista in tutte le circoscrizioni e avrebbe messo il suo nome nel simbolo. Invece 'a quel tempo', un'era nella politica di oggi, era convinto che le europee fossero una passeggiata, un'altra cosa rispetto all'impegno di Governo. Tutt'altro. Doveva mirare all'elezione del 25 maggio per legittimarsi con un voto popolare e sarebbe entrato a piè pari in Europa.

È andata diversamente. Infatti in questi giorni sta sterzando alla grande rispetto ad un inizio docile e lento. Ha impostato la campagna elettorale finale come gli avevamo detto: cioè "con me o contro di me". Vedremo la notte del 26 se è riuscito colmare il gap. Il gioco è ormai tra Grillo e Renzi. E chi ha senno non dovrebbe avere dubbi. Soprattutto quelli del Pd (ex Pci) che ancora hanno sul gozzo l'ex Sindaco gigliato. Coloro, i leader, che non hanno fatto campagna elettorale. I militanti di vecchio stampo nostalgico che vedono in Renzi fumo negli occhi. Il sindacato che per la prima volta non è cinghia di trasmissione di alcunché (se vince Renzi la vittoria vale doppio).

L'editoriale di Eugenio Scalfari su Repubblica, votate Renzi-votate Schulz, è illuminante sulla posta in gioco. Non c'è tanto da scherzare. Ma più del pericolo ci spaventa se Renzi sconfitto alle elezioni decidesse di ritirarsi dalla politica (e lo farebbe). Siamo laici e liberali. Crediamo che tutti siamo sostituibili, ma perdere Renzi vorrebbe dire il declino definitivo del Pd (non ci sono alternative credibili e soprattutto non ci sarebbe l'humus programmatico se non quello del vecchio sinistrismo popolare, alla Letta e Bersani) e zero prospettive per questo Paese. Napolitano non potrebbe di certo fare l'ennesimo governo senza elezioni: ci sarebbero le barricate. E quindi per forza di cose il capo dello Stato si dovrebbe dimettere e si procederebbe all'elezione del suo sostituto. E con un Parlamento che è peggio del far west (i gruppi Pd sono allo sbando), Forza Italia alla deriva, Grillo che è quello che è non si sa dove si andrebbe parare.

Potremmo continuare in questo elenco ricco di punti di domande: un equilibrio sopra la follia. Per questo l'elezione europea diventa strategica a partire dai contenuti. I toni di questi giorni che si stanno alzando di ora in ora sono folklore. Ma il punto di snodo del futuro è e rimane l'Europa e quindi l'elettore italiano (ha ragione Berlusconi: gli italiani non hanno ancora imparato a votare!) non deve disperdere il voto e comprendere chi avrà maggiori chance per incidere sul cambio di passo.

Oltre vent'anni fa 'abbracciai l'Europa. All'inizio del 1990 facevo convegni e lezioni sul mercato unico europeo che doveva partire nel 1992. Dipingevo la scadenza mitica (queste date hanno sempre in sé il mito) come uno delle più importanti e straordinarie del secolo. Una occasione che avrebbe cambiato i cittadini europei. L'unico che annunciavamo era luce e colore sulla carta, oggi stiamo ancora a parlare dell'Europa che vorremmo, quella dei padri ispiratori e compagnia cantante. Sono le stesse parole, gli stessi sogni di allora. Dobbiamo continuare a sperare? E' incontrovertibile che l'andazzo stimola un gran vaffa collettivo. Ci sono storture e inerzie favorite da una politica pon pon. Pensate quello che fece la Germania, nel 1989, che in una notte unificò due paesi con zero traumi e zero problemi. Il coraggio e l'astuzia era di una classe dirigente dell'altro secolo, più politica meno contagiata dalle strategie delle banche centrali. La patata bollente di oggi è un Europa mediocre, lenta nei suoi cambiamenti, permeata da tecnici che comandano perché la politica non è rock, è rimbambita, da asilo nido.

Chiunque prenderà il potere per i prossimi anni dovrà sterzare. La via crucis di 5-6 anni di crisi profonda ha logorato soprattutto le menti dei cittadini che sono tutti agitati a trovare delle scappatoie nazionaliste, anti europee, anti euro. Come dargli torto? Ma tornare indietro è sragionare. E' arrendevole. Vuol dire esplorare vie inedite che ci farebbero più male che bene. Chi dice no all'euro sa che uscirne non ci porterebbe alcun vantaggio competitivo: Né per le nostre tasche (da un giorno all'altro vedremmo stipendi e patrimoni ridotti di un terzo di quello che avevamo). Né per il tanto decantato vantaggio competitivo delle nostre aziende: gli scenari dei mercati internazionali sono arricchiti da super potenze come India e Cina. Ben comprendete che non venderemmo più prodotti con una semplice svalutazione della moneta come si faceva in passato.

Cadremmo in complicazioni assurde e senza uscita. Non per questo sono tra coloro che condanna e grida al pericolo se vincessero forze che vogliono un'altra Europa. Malgrado tutto anche il più anti degli anti vittorioso il 25 maggio, il giorno dopo non si sposterebbe dall'euro e dall'Europa. Però il tran-tran di questi anni è destinato a cambiare, l'austerità, ricetta conservatrice ed economicamente ammuffita, ha causato danni enormi. La ripresa può arrivare solo da un cambio di 'ricette', di modi di intendere la 'vita in Europa' che non possono più districarsi tra spread, pil e percentuali.

Renzi ne è convinto ma potrà cambiare solo da una posizione di forza: una vittoria delle europee vuol dire incidere sul prossimo presidente della Commissione, vuol dire incidere in casa socialista e far sì che il semestre italiano si trasformi in un passaggio storico per l'Italia. Una sconfitta di Renzi butterebbe a mare un ciclone di speranza e ci rifarebbe ripiombare nel più cieco oscurantismo. Un ritiro di Renzi dalla politica sarebbe vestire l'Italia da Nosferatu.