LA STAMPA
Esteri
“Né medicine né cibo, a Sirte è l’inferno"
Un ex deputato della città libica: dateci armi per combattere
«In queste ore Sirte è un campo di battaglia. L’Isis si sta scontrando con i salafiti, e sono decine i morti. La città soffre. Mancano viveri e il carburante. E soprattutto i medicinali. E anche la corrente elettrica. I salafiti, che sono la maggioranza della popolazione di Sirte, non hanno nulla a che vedere con le altre organizzazioni estremistiche e terroristiche come Ansar al Sharia o la stessa Al Qaeda. Non seguono un progetto politico ma soltanto gli insegnamenti di Maometto». Moftah Shanbour era membro del Congresso nazionale. Oggi è uno dei più influenti esponenti politici moderati di Sirte. E racconta il dramma della sua città, dove nacque Muammar Gheddafi, e si appella alla comunità internazionale.
Signor Shanbour qual è la situazione a Sirte? I governi della coalizione internazionale anti-Daesh (Isis) sono molto preoccupati per quello che sta accadendo. «La città è occupata dalle milizie di Daesh, un gruppo di terroristi libici e stranieri» Ma a Sirte chi comanda? Può spiegare da quanto tempo l’Isis vi è entrata? «Il controllo della città è nelle mani degli stranieri. Si sono infiltrati quando Gheddafi è stato ucciso. Sono entrati perché non esisteva un governo e un controllo del territorio. Al momento, stanno costruendo la loro forza e si stanno preparando a estendere il loro controllo su altre aree della Libia, in coordinamento con i loro seguaci». Chi sono i terroristi a Sirte? «Libici e stranieri. All’inizio erano libici islamisti, alcuni estremisti, altri politici che si erano uniti per combattere Gheddafi. Alcuni estremisti avevano contatti con estremisti di altri Paesi. I primi aderivano ad Ansar Al Sharia. Quando i secondi hanno chiesto di seguire Al Bagdadi, in Libia è nato il Daesh». Ci sono molti stranieri tra i terroristi che controllano la città? «Sì e sono arrivati dalla Tunisia, dall’Egitto, Marocco, Algeria, Ciad, Sudan, Arabia Saudita, Yemen» Cosa può fare la comunità internazionale per aiutare Sirte a combattere i terroristi dell’Is? «Alla fine della guerra, la coalizione internazionale ha abbandonato la Libia e, a causa della debolezza del governo, il Daesh si è potuto radicare in città. Dopo aver assistito il popolo libico a mettere fine al regime, per un conflitto di interessi interno, la coalizione internazionale non ha saputo proporre un progetto unitario su come aiutare i libici per un nuovo sistema politico».La situazione è andata via via peggiorando e oggi la Libia è fuori controllo... «La comunità internazionale non ha fatto nulla contro la violazione dei diritti umani, oggi è molto più grave di prima. La comunità internazionale è preoccupata per l’immigrazione e il terrorismo ma questo è il risultato dell’incapacità a capire qual è il problema della Libia». E cioé?«Limitare il potere delle milizie. La comunità internazionale deve aiutarci a costruire il nostro esercito, e anche i Paesi vicini devono capire qual è veramente la situazione economica, che potrebbe crollare in qualunque momento, aggravando ancora di più la situazione». Cosa deve fare la comunità internazionale? «Aiutare Sirte è aiutare tutta la Libia. Abbiamo bisogno di un governo e di un esercito forte». Nelle prossime ore Bernardino Leon riprenderà gli incontri in Marocco per la formazione del nuovo governo di pacificazione. Il Gnc di Tripoli non ha firmato l’accordo. Così si può pensare a un futuro della Libia? «L’atteggiamento negativo degli estremisti, l’assenza di un piano internazionale e i conflitti tra i diversi partiti politici fanno sì che il futuro della Libia sia molto incerto».