ebook di Fulvio Romano

lunedì 31 agosto 2015

Il metano egiziano. Una nuova alleanza sull’energia

LA STAMPA

Cultura


Il Mediterraneo cambia aspetto grazie alla scoperta del mega-giacimento di gas nelle acque egiziane da parte di Eni: non è più solo teatro di tragedie di immigrati e sanguinosi atti di terrorismo ma anche palcoscenico di opportunità di sviluppo collettivo. Gli 850 miliardi di metri cubi di gas naturale, in appena 100 kmq di spazio marino del «Zohr Prospect», descrivono il più grande campo di questo tipo finora scoperto fra Gibilterra ed il Bosforo. E le ricadute sono di portata strategiche.

Anzitutto per l’Egitto di al-Sisi, il gigante del mondo arabo giunto alla soglia dei 90 milioni di abitanti, aggredito dal terrorismo jihadista e assediato da povertà, carenza d’acqua e di energia. Dopo il summit economico di Sharm el-Sheikh, a metà marzo, Eni firmò accordi con investimenti per 5 miliardi di dollari accettando la scommessa del Cairo di esplorare lo spazio off-shore. Cinque mesi dopo Descalzi consegna ad Al-Sisi la possibilità di emanciparsi nei decenni a venire da una dipendenza energetica talmente assillante da averlo obbligato a firmare, appena 72 ore fa a Mosca, un non facile accordo con i russi di Rosneft sulla fornitura di gas liquido. 

Al-Sisi ritiene che la possibilità di ricostruire l’Egitto, sopravvivendo alla morsa jihadista, si lega alla miscela fra nazionalismo e crescita del benessere collettivo messa in mostra con l’inaugurazione del raddoppio del Canale di Suez. Da qui il valore del giacimento «Zohr Prospect», anche per arginare Isis in Nordafrica.

Le opportunità per l’Italia sono altrettanto strategiche. Il nostro approvvigionamento energetico è legato alle forniture dalla Russia e Nordafrica, ostacolate dalle guerre civili in Ucraina e Libia, e la scoperta egiziana significa poter disporre di una valida alternativa. Una sorta di «Libia 2». Il recente sequestro di quattro tecnici italiani nei pressi del terminal energetico di Mellitah, in Tripolitania, ha per la prima volta portato una minaccia diretta all’hub logistico da cui passa gran parte del gas nordafricano che arriva in Sicilia. E’ un campanello d’allarme sui rischi portati dalla crisi libica alla sicurezza energetica di 60 milioni di italiani a cui ora si affaccia una possibile risposta nel Mediterraneo Orientale, anche perché alla scoperta di Eni in Egitto si somma l’interesse di Edison per due giacimenti del gas naturale israeliano: Karish e Tanin. Se a ciò aggiungiamo il gas naturale cipriota, non è difficile arrivare a tratteggiare un’area di fonti energetiche gestita da Paesi legati all’Occidente e con relazioni amichevoli fra loro. E’ la possibile genesi di un network di interessi alternativo a quelli che attraversano aree di crisi endemica, Stati falliti o Paesi a noi ostili. Non è un caso che, durante la cena a Palazzo Vecchio nella Sala delle Udienze già luogo di lavoro di Machiavelli, il premier Matteo Renzi abbia anticipato all’ospite israeliano Benjamin Netanyahu l’annuncio di Eni arrivato puntuale la mattina seguente. I giornali egiziani avevano tratteggiato la notizia quello stesso giorno e non si trattava dunque di una rivelazione. Ma fonti israeliane, presenti alla cena, si soffermano sulla comune valutazione positiva di Renzi e Netanyahu in merito al «Zohr Prospect» perché l’interesse è coincidente: se per l’Italia significa differenziare le fonti energetiche, per il premier di Gerusalemme è un’arma preziosa da adoperare al fine di accelerare in patria la liberalizzazione del mercato del gas. Non a caso il ministro dell’Energia, Yuval Steinitz, si è affrettato a far sapere al Parlamento che «mentre noi perdiamo tempo nella definizione dell’assetto regolatorio, il mondo intorno a noi sta cambiando». Ovvero, liberalizziamo in fretta, superando il duopolio Noble Energy-Delek nella gestione del gas naturale off-shore di «Leviathan» e «Tamar» davanti a Tel Aviv e Haifa, prima che gli egiziani ci rubino clienti e mercati dall’Europa alla Giordania fino all’Africa. La convergenza di interessi fra Renzi, Al-Sisi e Netanyahu sull’energia, consolidata dalle intese con Grecia e Cipro, suggerisce la possibile genesi di un club di Paesi del Mediterraneo dotati di alta tecnologia e risorse naturali, dunque capaci di dare vita ad un polo energetico alternativo ai colossi di Mosca e del Golfo. Consegnando al Mediterraneo un imprevisto ruolo di protagonista di una formula di sviluppo economico capace di generare risposte efficaci alle sfide dell’emigrazione di massa e del terrorismo islamico.

Maurizio Molinari


Level Triple-A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0           Copyright 2015 La Stampa           Bobby WorldWide Approved AAA