di Giorgio Dell’Orefice
sole 24 ore
Su una congiuntura che negli ultimi anni ha lasciato molto poco spazio all’ottimismo, per una volta irrompe una buona notizia: la produzione 2015 di vino made in Italy crescerà del 10% rispetto allo scorso anno. È quanto emerge dalle stime di Assoenologi (l’associazione degli enologi ed enotecnici italiani) che Il Sole 24 Ore ha potuto consultare in anteprima e secondo cui nel 2015 si produrranno 46,3 milioni di ettolitri di vino contro i 42 dello scorso anno.
Un risultato importante che inoltre fa segnare una significativa inversione di tendenza rispetto al trend dell’ultimo quinquennio, nel quale, a causa di condizioni meteo difficili raramente si sono prodotti più di 44 milioni di ettolitri.
Ma al di là del dato quantitativo molto favorevoli sono le prospettive sul fronte della qualità che nell’ambito di un quadro in genere positivo lasciano intravedere molte punte di eccellenza. Prospettive che per il 2015 sembrano quindi estendere all’Italia la credenza tutta francese e che vede le annate migliori quelle che terminano con il 5.
«Le buone riserve idriche accumulate durante l’inverno – spiega il direttore di Assoenologi, Giuseppe Martelli – hanno consentito di affrontare positivamente un luglio fra i più caldi del secolo. Le temperature estive elevate hanno quasi azzerato parassiti e malattie della vite. Il gran caldo è stato poi mitigato da provvidenziali piogge ad agosto. Decisivo ora sarà l’andamento meteo di settembre ma va anche detto che raramente a fine agosto si sono registrate condizioni così favorevoli. Le premesse insomma per un millesimo davvero da incorniciare ci sono tutte».
Al momento infatti sono state vendemmiate solo le varietà precoci (come Chardonnay, Pinot e Sauvignon) e le uve base spumante in Oltrepo pavese e nella Franciacorta. Il clou della vendemmia si avrà a metà settembre mentre le operazioni di raccolta si concluderanno intorno ai primi di novembre con gli ultimi grappoli di Nebbiolo in Valtellina, di Cabernet in Alto Adige, di Aglianico del Taurasi in Campania e dei vitigni autoctoni sulle pendici dell’Etna.
Tra le singole regioni la leadership produttiva va ancora una volta al Veneto che, spinto dal fenomeno Prosecco (ancora stanno andando in produzione nuovi vigneti realizzati prima che la Regione decretasse il blocco degli impianti) ha raggiunto un volume produttivo record di 9,1 milioni di ettolitri (+10%). Veneto, Emilia Romagna (+5%), Puglia (+25) e Sicilia (+10), insieme produrranno 28 milioni di ettolitri, ovvero oltre il 60% della produzione nazionale. Ma progressi a doppia cifra sono attesi anche in altre regioni Italiane dalla Campania (+20) a Lazio e Umbria (+15%), dal Trentino Alto Adige (+15) al Piemonte (+10). Unica nota stonata la Toscana dove si prevede un calo produttivo del 5%.
Con una produzione più ricca l’attenzione si sposta ora sul mercato. E in particolare su quello estero, strada sempre più obbligata visto che i consumi interni sono in inesorabile calo. In questa ottica il vino Made in Italy deve rafforzare le proprie posizioni laddove è già leader ma soprattutto aggredire con forza i mercati nuovi e in particolare quelli asiatici. «Sul fronte internazionale – dice il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella – sono anche stati compiuti significativi passi in avanti: dal 2009 a oggi il prezzo medio delle etichette Made in Italy è cresciuto del 42%, ma occorre lavorare ancora sfruttando anche l’onda lunga della positiva esperienza di Expo 2015. Su sbocchi chiave come gli Usa siamo già leader, bisogna concentrarsi di più sull’Asia».
A cominciare dalla Cina, Paese nel quale la Francia detiene più del 50% del mercato mentre l’Italia resta confinata a una quota inferiore 5 per cento. «Certo il tallone d’Achille resta la Cina– aggiunge il direttore di Assoenologi, Giuseppe Martelli –. Un mercato sul quale occorrerebbe uno scossone. Una terapia d’urto promozionale in grado di provocare effetti simili a quelli dell’ingresso della “safety car” in una gara di Formula 1. Un evento cioè che pur lasciando invariate le posizioni in classifica, consenta a chi come noi è in ritardo di ridurre lo svantaggio nei confronti dei competitor. Resto convinto che un recupero sul mercato cinese sia la chiave dello sviluppo futuro del vino italiano».