Italia
Con il “tour dei 100 teatri”
il premier prepara
la sua nuova campagna
Nel grandissimo «Padiglione B3» della Fiera di Rimini i seimila ciellini ridono alle battute di Matteo Renzi, applaudono, ma sul più bello lui spiazza tutti: «Ve lo devo dire con franchezza, non volevo venire al Meeting...», «io non sono uno di voi...». Ma a quel punto, presa la distanza «giusta», Renzi sciorina le affinità elettive che invece lo hanno indotto, ennesimo premier, a parlare davanti al popolo ciellino. Lui, spiega, i ciellini li ha conosciuti e apprezzati al liceo, in parrocchia, in consiglio provinciale. Alla fine parte un applauso caldo, ma proprio nelle modalità che voleva Renzi: è scattato il feeling ma senza abbracci plateali. Come quello, da apoteosi, che nel 2002 salutò Silvio Berlusconi.
Per come viene vissuta Cl a sinistra, Renzi sospettava che un eccesso di affetto sarebbe stato soffocante? Passano due ore e si capisce che il sospetto è fondato: in una manifestazione del Pd a Pesaro, organizzata nei giorni scorsi in gran segreto, il presidente del Consiglio ha fatto lì il discorso politico importante della giornata. La promessa di azzerare le tasse sulla casa e l’annuncio di un giro d’Italia «in cento teatri». Un giro che Renzi spiega con la sua aneddotica da strapaese: «Questa estate, durante le vacanze, sono stato nel bar di quando ero piccolo, uno di quei bar dove ti conoscono per quel che sei, e una signora mi ha detto: non le state raccontando bene le cose che state facendo, dovete fare di più».
Ma l’annuncio del giro d’Italia, sommato alla promessa di azzerare le tasse sulla casa, indirettamente confermano una tentazione che Renzi oramai coltiva da qualche settimana: quella di prepararsi ad una campagna elettorale anticipata. Nella testa di Renzi non esiste un’ora x, un mese sul quale puntare, ma alcuni ragionamenti: più tempo passa e più possibilità ci sono che il centrodestra si riorganizzi, che il Cinque Stelle aumenti il suo appeal su elettori di sinistra e di destra che finora avevano ritenuto Grillo invotabile, che il Pd si logori, perdendo consensi o restando al palo.
Ecco perché Renzi ha deciso, costi quel che costi, di cancellare le tasse sulla casa nel corso del 2016. Per tutti, anche per gli abbienti. Renzi sa che si tratta di una promessa che non può non mantenere e farà di tutto per farcela. Per ora prepara il terreno. E lo fa la con una tecnica retorica tutta sua, quella di esplicitare lui il sospetto coltivato da chi lo ascolta: «C’è l’idea che il governo abbassa le tasse solo per il consenso e c’è un pregiudizio: chi fa il premier è solo per garantirsi un proprio futuro. Noi siamo abituati ai politici che stanno per generazioni ed invece noi dopo due mandati lasceremo». Come fosse scontato che lui vincerà le prossime due elezioni politiche.
Per vincere le prossime, Renzi si prepara ad una lunga campagna elettorale, che si svilupperà in «cento teatri», dunque non in cento piazze, luoghi da prendere con le molle per un leader che oramai polarizza molto, come dimostra la protesta dell’Aquila. Ma quando si aprirà la prima finestra elettorale? Dopo il giugno 2016, utilizzando l’Italicum che diventa legge solo allora? O prima, cambiando la legge elettorale? Tutte domande, per ora, senza risposta, ma intanto Renzi sta preparando il racconto che espliciterà nella sua campagna. Come ha spiegato al Meeting con un discorso in gran parte ripetitivo ma con una novità. Renzi ha sostenuto che fino all’inizio degli anni Novanta «tra mille contraddizioni, in Italia è stato permesso di agire a chi aveva voglia di farlo. Poi, nella Seconda Repubblica, tutto si è bloccato», con gli eccessi del «berlusconismo e dell’antiberlusconismo», che con le loro risse «hanno messo il tasto “pausa” al Paese». Un elogio del «lasciar fare» dell’ultima Dc (quella dell’assalto alla spesa pubblica), che è diventato programma quando Renzi ha sintetizzato: «Liberiamo l’Italia». Più libertà, un refrain anche berlusconiano, che Renzi arricchisce con l’indicazione di un nemico dal quale liberarsi: i detrattori, chi racconta l’Italia come il «regno del male». Un calderone infernale nel quale il presidente del Consiglio continua ad infilare anche i detestatissimi talk-show televisivi.
FABIO MARTINI