Cultura
Cade il velo
è pronto
un piano B
È del tutto possibile, naturalmente, che la motivazione ufficiale dell’annunciato tour in 100 teatri italiani sia anche la ragione vera dell’iniziativa messa in campo ieri da Matteo Renzi: cioè, il governo comunica male le tante cose che fa ed allora è il premier stesso che si impegna a spiegarle in 100 incontri in altrettante città italiane. È una motivazione che sembra sconfessare quella che è stata fin qui considerata la miglior qualità del giovane segretario-presidente (la capacità, appunto, di comunicare) ma, come detto, ci può stare.
La faccenda cambia un po’, però, se al primo annuncio si aggiunge il secondo: la riproposizione - con il chiarimento, stavolta, che l’iniziativa riguarderà tutti - del taglio di Imu e Tasi a partire dal 2016. Cos’ha in testa, insomma, Renzi? Cento teatri nei quali spiegare le riforme varate dal governo o cento comizi per cavalcare il promesso taglio delle tasse, in una sorta di lunga ed itinerante campagna elettorale che potrebbe portare l’Italia al voto appunto nel 2016?
Gli uomini più vicini al premier ieri si sono affannati a gettare acqua sul fuoco.
Ma non fino al punto da rassicurare davvero i tanti preoccupati da una fine anticipata della legislatura: «Renzi - hanno spiegato - è pronto a tutto. Governare fino al 2018 resta l’obiettivo principale; se però fuori e dentro il Pd ripartisse la guerra e si giocasse duro, il premier sarebbe certamente pronto ad accettare la sfida: del resto è sempre il leader del 40%». Traducendo e semplificando, la si potrebbe dunque mettere così: c’è un piano A - governare fino alla scadenza della legislatura - al quale adesso si aggiunge un piano B: andare al voto nella primavera prossima se l’azione di logoramento del governo (a cura soprattutto della minoranza Pd...) dovesse continuare.
Si può naturalmente annotare come quella avviata ieri da Matteo Renzi non sia precisamente una ripartenza rassicurante: contemporaneamente, però, appare difficilmente contestabile il fatto che molti elementi contribuiscano a rendere politicamente legittimo anche il cosiddetto piano B. Molto di quanto accadrà, naturalmente, dipenderà dalle dinamiche che segneranno l’autunno: e in particolare dai ritmi della crescita, dalla quantità di nuovi posti di lavoro che si creeranno, dall’evoluzione dei flussi migratori dall’Africa e - nient’affatto ultimo - dal tasso di litigiosità all’interno del Partito democratico.
Le premesse, in verità, non sono incoraggianti, soprattutto per quel che riguarda il confronto interno al Pd e lo stillicidio di sbarchi di migranti ad ogni ora del giorno e della notte. Su entrambi questi fronti, infatti, la situazione va appesantendosi. Ieri, per esempio, Vannino Chiti - capofila della minoranza Pd in Senato - ha definito «battute da avanspettacolo» i passaggi dedicati da Renzi alla riforma del bicameralismo perfetto; e per quanto siano sempre più grevi (e dunque più facilmente contrastabili) gli affondo di Salvini in materia di immigrazione e l’aumento esponenziale degli arrivi di migranti, lascia presagire una crescita ulteriore delle tensioni anche nel nostro Paese.
La tentazione di scartare di fronte alle difficoltà che si profilano all’orizzonte, potrebbe dunque farsi forte: e il fatto che per la prossima primavera sia già in calendario una importante tornata elettorale (da Milano a Torino a Napoli, passando - probabilmente - per Roma e la Sicilia...) potrebbe accrescere quella tentazione. Dipenderà dalle novità che porterà l’autunno. Per conto suo, il premier ha messo subito in chiaro di non aver paura. Ha un tema classicamente elettorale da cavalcare (il taglio delle tasse) ed un programma di intervento sul territorio già definito: il tour in cento teatri italiani. Cento: proprio come «le 100 cose da fare nei primi 100 giorni» che fu lo slogan con il quale Renzi vinse le sue primarie da candidato a sindaco di Firenze...
Federico Geremicca