Economia
È Parigi il malato d’Europa
Le industrie non investono
e la spesa pubblica vola
La ricetta della competitività non ha funzionato
La ricetta della competitività non ha funzionato
Appena un mese fa, in occasione della festa nazionale del 14 luglio, François Hollande assicurava solenne «la crescita è tornata». Dopo un primo trimestre segnato da un +0,6% (rivisto ieri a +0,7%) il Presidente socialista poteva sperare in una svolta nel suo quinquennio inaugurato nel 2012 e segnato finora da dati economici deludenti. Invece le cifre pubblicate ieri mostrano un’economia transalpina di nuovo in stagnazione (0% nel secondo trimestre 2015), indietro rispetto ai suoi maggiori partner tra cui Italia, Germania e Regno Unito. Il motore francese non riesce a riaccendersi e a cogliere i timidi segni di ripresa europea. E Parigi sembra incapace d’imporre una politica economica di rilancio durevole. Ieri, il governo di Manuel Valls si è affrettato a minimizzare il dato congiunturale. Valls e il suo ministro delle Finanze Michel Sapin hanno riaffermato che l’obiettivo di «una crescita del 1% sarà raggiunto a fine anno». Ma la stagnazione del secondo trimestre suggerisce che i mali della seconda economia della zona euro sono più profondi e Parigi è a un bivio.
Grazie a una tradizionale politica anticiclica, il Paese ha resistito meglio degli altri alla crisi economica. Tra il 2008 e il 2011 attraverso l’aumento della spesa pubblica e il sostegno alla domanda interna la Francia ha cosi registrato una crescita del 3,4% quasi pari alla Germania e circa il doppio dell’Italia. Ma nello stesso tempo il suo deficit pubblico è salito dal 68% al 86% del Pil fino a raggiungere oggi più del 97%. In breve, il governo Sarkozy e in parte quello Hollande sono riusciti a limitare l’impatto della crisi (anche se il tasso di disoccupazione è salito a più del 10,5%). Il consumo delle famiglie, sostenuto da uno stato sociale robusto, e le spese dello Stato hanno permesso di evitare il tracollo nei momenti più bui. Ma la Francia non sembra oggi in grado di cambiare marcia e modello mentre il vento della crescita europea è ancora debole.
Le vecchie ricette di rilancio tramite la domanda interna hanno raggiunto il loro limite soprattutto nel quadro delle regole europee sulla spesa pubblica, peraltro non del tutto rispettate da Parigi. A partire del 2012, François Hollande ha deciso di puntare sulla competitività delle imprese per cercare un nuovo volano di crescita. Sfidando la sua maggioranza di sinistra, ha fatto adottare una serie di misure per liberalizzare l’economia e ridurre le tasse alle imprese nell’ambito della cosiddetta politica dell’offerta (circa 50 miliardi di euro in 5 anni). Ma le misure del governo appaiono limitate per rilanciare l’industria francese che rappresenta solo il 19,4% del Pil contro il 30% in Germania e più del 23% in Italia. Gli ultimi dati sul Pil mostrano che senza una vera prospettiva di ripresa anche le aziende che si sono parzialmente rimesse in piedi riluttano a investire.
La speranza di François Hollande è che la politica dell’offerta finisca per dare frutti, in particolare prima delle prossime Presidenziali del 2017. Ma per il momento tra gli obiettivi di tagli alla spesa pubblica, quelli di sostegno limitato alla domanda interna e al tempo stesso di rilancio della competitività delle imprese, Parigi sembra costretto a misure parziali e di medio termine. Con il risultato di restare impanato in una crescita molle.
*Corrispondente dall’Italia
di Libération
ERIC JOZSEF*