ebook di Fulvio Romano

mercoledì 12 agosto 2015

La scommessa delle elezioni anticipate non serve all' Italia ( La Spina)

LA STAMPA

Cultura

la scommessa

che non serve

all’italia

Forse potrebbe convenire a Renzi, per fermare l’andamento declinante dei suoi consensi. Potrebbe convenire alla coppia più strana della pur imprevedibile politica di casa nostra, quella formata da Salvini e Grillo, per intascare il dividendo elettorale della loro cavalcata sulle paure dei cittadini. Magari anche la minoranza pd pensa che sia l’unica soluzione che potrebbe aiutarla a sopravvivere. Una cosa è sicura: una crisi di governo, con le probabili elezioni nella prossima primavera, non converrebbe agli italiani.

Negli accaldati giorni di questo inizio d’agosto si sono alternati davanti agli occhi dell’opinione pubblica due scenari che sembrano provenire da mondi diversi e assolutamente incomunicabili. Da una parte, i problemi dell’economia italiana in un momento molto delicato, tra una situazione internazionale che potrebbe aiutare anche il nostro Paese a una ripresa meno incerta e la persistenza di una zavorra fiscale, burocratica, giuridica che, da decenni, impedisce alle nostre imprese di competere ad armi pari sui mercati. Con tutte le gravi conseguenze sull’occupazione, specie quella giovanile, e sull’andamento dei consumi interni.

Dall’altra parte, una logomachia furibonda sulla riforma del Senato, con aspetti incomprensibili e, persino, grotteschi.

La modifica del bicameralismo perfetto è certamente un obbiettivo importante per una maggiore efficienza della nostra produttività legislativa e comporta pure un risparmio sui costi della politica, non determinante in termini quantitativi, ma significativo di una certa attenzione per la sensibilità degli italiani, molto marcata su tale argomento. Desta, però, un certo sbalordimento che tra la maggioranza e la minoranza Pd si sia ingaggiato, su questa riforma, un tale muro contro muro da rischiare, appunto, una crisi di governo ed elezioni anticipate. Altrettanto sconcerto provoca il fatto che, su una questione certamente molto seria, si sbandierino, tra sorrisi ammiccanti e compiaciuti, migliaia, o milioni, di emendamenti, in una gara ridicola che accresce il disgusto dei cittadini per una concezione della politica davvero penosa.

L’Italia non può permettersi, sia pure davanti a una riforma costituzionale come quella del Senato, di interrompere, in un momento come questo, il percorso della faticosissima e precaria ripresa di una economia che ha bisogno di un forte e persistente piano di interventi governativi. La prossima finanziaria, le cui linee fondamentali devono essere presentate tra un mese, dovrà affrontare una prova difficile: quella di trovare le risorse per sostenere una serie di impegni molto onerosi, dalla promessa di riduzioni delle tasse, a partire dalla prima casa, agli annunci di provvedimenti in favore delle famiglie più povere, agli aiuti per il Sud assicurati da Renzi nelle settimane scorse.

È evidente che per sopportare questi costi sulla finanza pubblica si ingaggerà una dura trattativa con la commissione europea per una interpretazione, diciamo benevola, delle regole, sia sul deficit, ma soprattutto sulla programmata riduzione del debito. Una trattativa che ha bisogno della presenza di un governo non logorato da una continua battaglia con una minoranza Pd che si esprime, ogni giorno, con toni polemici più aspri dell’opposizione «ufficiale» e che, ormai, è «di fatto» un altro partito. Un governo che non debba trovare, ogni giorno, un modo per puntellare, al Senato, una maggioranza al lumicino. Un governo, insomma, che possa ottenere comprensione dalle autorità comunitarie, in cambio della ragionevole certezza di portare a compimento quel programma di riforme senza le quali la nostra economia non riuscirà mai ad approfittare delle favorevoli condizioni internazionali, dal prezzo del petrolio al calo dell’euro.

Le tentazioni crisaiole della minoranza Pd, tra l’altro, dovrebbero riflettere sulla storia, anche recente, della sinistra radicale nel nostro Paese, capace di far crollare i governi, ma al prezzo di sparire, subito dopo, dalla scena politica. Del resto, ormai è chiaro che in Parlamento, ma anche fuori dai palazzi della politica, si scontrano solo due indirizzi fondamentalmente diversi, solo due programmi, nella sostanza, alternativi e inconciliabili: quelli della coppia Salvini-Grillo e quelli degli altri. Sarebbe il caso di non fingere ipocritamente che non sia così.

Luigi La Spina