Italia
Riforme, Renzi non teme
la scissione della minoranza
Il premier va avanti sul Senato. E Guerini avverte: “Lo voteremo
con chi ci sta”. Ma c’è un piano B, alle urne con le amministrative
Il premier va avanti sul Senato. E Guerini avverte: “Lo voteremo
con chi ci sta”. Ma c’è un piano B, alle urne con le amministrative
La scissione evocata dalla sinistra del partito il premier non la teme e non la agevola, fa come se nulla fosse di fronte al rischio di una rottura, a riprova che non crede in una fuoriuscita dei bersaniani dai ranghi del Pd. Tema sul quale fioccano scommesse, tra i renziani c’è chi è convinto che i «compagni» abbiano già un patto con Sel per lanciare una nuova forza politica a settembre, mentre gli uomini di Bersani giurano di non pensarci proprio, che se ne andranno via solo se cacciati. «Infatti vogliono portare la situazione alle estreme conseguenze per farsi cacciare», dicono i renziani. E se la situazione precipitasse il piano B sarebbe andare a votare con le amministrative, facendo la finanziaria in autunno e cercando di uniformare la legge elettorale se possibile anche per il Senato. Con una campagna elettorale mirata a mettere all’angolo chi nel Pd ha logorato l’azione del governo, impedendo di fare le riforme. E alleandosi pure col diavolo: «La minoranza Pd sceglie di stare con Calderoli e Brunetta. Dovranno spiegare perché preferiscono i populisti ai riformisti», attacca il plenipotenziario del premier in Senato, Andrea Marcucci.
Anche ieri Renzi, che starà in vacanza fino al 25 agosto, non ha aperto bocca in proposito, l’unico messaggio trasmesso ai suoi è che «l’Italia sta andando meglio, la gente è in ferie, non era scontato, già solo l’anno scorso era un’altra musica. Crescono i dati dei consumi, del turismo e anche degli occupati». Quindi il premier dal suo punto di vista porta a casa i risultati di un anno di lavoro senza voler entrare nelle polemiche agostane. Del resto quello che aveva da dire sul rischio scissione lo aveva già espresso nei conversari privati nei mesi scorsi. Definendola «una roba da matti, perché è impensabile che qualcuno lavori per bloccare riforme minacciando la scissione, noi andiamo avanti comunque e non arretriamo».
E in quell’andare avanti comunque c’è anche la volontà di tirare dritto accettando la sfida in Parlamento quando si arriverà al dunque sulla riforma clou, quella del Senato, dove voti in arrivo anche dal campo oggi avverso, cioè Forza Italia, potrebbero sostituire quelli dei ribelli della minoranza. «La stragrande maggioranza del Pd è con noi e se un’esigua minoranza si mette di traverso noi andiamo in Parlamento cercando di costruire sul testo che arriverà in aula le condizioni per una condivisione il più ampia possibile», spiega Lorenzo Guerini. «Se poi una parte dirà no, voteremo con quelli che diranno di sì».
Ecco perché la tela del dialogo con gli azzurri verrà tessuta con discrezione e determinazione, anche se oggi è presto per fare previsioni e azzardare conti sul pallottoliere del Senato. Perché quando si arriverà al dunque in gioco ci sarà la riforma costituzionale, ma anche le sorti della legislatura e ognuno farà le sue valutazioni. Insomma la paura del voto anticipato e del rischio di perdere lo scranno farà la differenza. E quella mediazione oggi respinta dalla sinistra di far eleggere i senatori in un listino insieme ai consiglieri regionali, potrebbe diventare accettabile anche a una parte dei ribelli della minoranza...
carlo bertini