ebook di Fulvio Romano

lunedì 4 maggio 2015

Non veri ma verosimili. La nuova fiction all'italiana sfiora soltanto la realtà

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La realtà lambita

della fiction italiana

Luciana Littizzetto non fa concorrenza a se stessa perché la prima serata della domenica comincia su (quasi) tutte le altre reti dopo le 21,30 per dare modo a lei di finire il suo intervento a Che tempo che fa su Raitre, e agli spettatori di risintonizzarsi. La donna che fa cambiare orario ai palinsesti: si parla delle emittenti generaliste, naturalmente. Le altre vanno avanti in modulare autonomia: mentre persino Raiuno riesce, come nella serata del 25 aprile, a non mettere pubblicità, l’ultima cosa brutta vista su piattaforma Sky è uno spot che non si sostituisce a una scena, ma addirittura si sovrappone. Pubblicità tanta e sfacciata, nonostante si paghi fior di abbonamento. La pubblicità sarà anche l’anima del commercio tv, ma per lo spettatore è una iattura.

Dunque Littizzetto: è tornata professoressa in Fuoriclasse, regista Tiziana Aristarco, ha avuto una bambina, ha una sorella un po’ guascona, Lunetta Savino, il compagno Fausto Maria Sciarappa è patologicamente apprensivo, pare che sia una caratteristica maschile diffusa: o battono o sono terrorizzati dalle responsabilità, e una cosa non esclude l’altra. Arginata la temibile concorrenza del Segreto su Canale 5. Rete dove le avventure di Squadra mobile sono la naturale evoluzione del vecchio Distretto di polizia, con Giorgio Tirabassi.

I poliziotti vengono descritti intanto bulimici di lavoro. Ma non è questione di troppo lavoro: qui c’è Daniele Liotti, l’agente bello che non solo ruba droga confiscata, non solo si droga in proprio, ma è pure un assassino. C’è Antonio Catania alle soglie dell’alcolismo. Qualche collega della realtà si è lamentato. Ah, com’erano diversi i tempi di Qui squadra mobile, 1973, Rai del monopolio, con Giancarlo Sbragia e Luigi Vannucchi, regista Anton Giulio Majano, quanto rispetto. Ormai, quando si descrive un mondo composito, non si può esagerare con il manicheismo, i ladri tutti cattivi, le guardie tutte buone. La vita ci insegna che non è così, e, vita a parte, è dall’irruente Nypd, New York Police Department, serie nata nel 1993, che ci raccontano il lato oscuro delle forze dell’ordine.

Il primo intento degli sceneggiati italiani non è comunque far riflettere, scuotere gli animi, ma intrattenere: senza essere veri, ma verosimili sì. E sapete che c’è? In fondo ci riescono (niente di più verosimile di Bruno Gambarotta che fa il sacerdote in Fuoriclasse). Gli sceneggiatori lambiscono l’attualità, e la sublimano in un quotidiano inesistente ma rilassante.

Alessandra Comazzi


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