ebook di Fulvio Romano

venerdì 8 maggio 2015

Culicchia: A dieci anni di distanza dovevo riscriverlo il mio "Torino è casa mia"

LA STAMPAweb

Cultura

Culicchia riscopre la sua Torino

“Non si vergogna più di divertirsi”

L’autore riscrive completamente il libro del 2005 sulla città

“Ci sono stati cambiamenti vorticosi, non bastava una rinfrescata”

Quando nel 2006 la nostra città ha ospitato le Olimpiadi Invernali, noi torinesi ci siamo sorpresi a constatare quanto Torino fosse apprezzata da chi, arrivando da fuori, la vedeva per la prima volta. E, per la prima volta, anche noi l’abbiamo vista con occhi diversi, apprezzando luoghi e colori che fino al giorno prima davamo per scontati, al punto da non vederli più […] È con questo spirito che, malgrado la crisi fosse di là da venire, poco più di dieci anni fa ho scritto «Torino è casa mia». Un libro nel quale ho cercato di raccontare la città in cui vivo spogliandola degli stereotipi che da sempre saltavano fuori al solo nominarla, e dunque partendo proprio da quelli.

Il caso ha voluto che intanto, mentre scrivevo, la città avesse cominciato a scrollarseli di dosso pure lei, quegli stereotipi. Risultato: da «grigia città industriale», nonché «laboratorio», nonché «culla dell’Azionismo», nonché capace di coniugare la «cultura operaia» con il «catalogo Einaudi», Torino ha fatto un triplo salto mortale carpiato e tra un’Olimpiade e una speculazione edili… pardon, una riqualificazione urbana, si è magicamente trasformata nella «città della movida». [...]

Risultato: nella già austera Torino, prima i Murazzi, poi il Quadrilatero, poi piazza Vittorio, poi San Salvario e infine Vanchiglia sono diventati dei veri e propri non-luoghi, non perché l’ultima variante al piano regolatore li abbia trasformati in centri commerciali o aeroporti, ma perché ormai intercambiabili per «stili di vita» e «modelli culturali» all’insegna del «vale tutto» con i Navigli milanesi o con la zona di Campo de’ Fiori a Roma oppure, da non credere, con il veneziano Campo Santa Margherita […] Detto questo, Torino è davvero molto cambiata nel corso degli ultimi anni, più di quanto sia cambiata qualsiasi altra città italiana, e dunque «Torino è casa mia» aveva bisogno di qualcosa di più di una rinfrescata. Così mi sono detto che forse valeva la pena di riscriverlo daccapo. Anche perché se uno oggi come oggi scende ai Murazzi pensando di trovarci i Murazzi, voglio dire i Murazzi a cui eravamo abituati, o se preferite i Murazzi d.G., che sta per dopo Giancarlo, beh, potrebbe rimanerci male. O bene, dipende dalle aspettative, dagli stili di vita e dai punti di vista.

Per dire: dalle parti della Crocetta è sparito un garage dall’entrata in stile Liberty. A Porta Palazzo è spuntato il PalaFuk… pardon, il Centro Palatino. Gli intonaci colorati delle facciate degli edifici del Villaggio Olimpico sono già scrostati. Via Lagrange è stata chiusa al traffico. L’altra squadra di Torino, quella con lo stadio a Venaria, non gioca più in Serie B. Ma non solo. Perché al contrario di un tempo, un tempo abbastanza recente, Torino è diventata altro da sé nell’immaginario collettivo degli italiani.

Ho perso il conto delle volte che, eravamo ancora nel secolo scorso, quando presentavo uno dei miei libri in un’altra città italiana e dicevo che ero di Torino mi sentivo rispondere: «Oh, poverino». A un certo punto, invece, eravamo già nel nuovo millennio, la reazione è diventata: «Ah, che fortuna!». A Roma, nella redazione di una radio, mi sono sentito dire che tanti ragazzi della Capitale oggi sognano di venire a vivere a Torino come negli Anni Settanta sognavano di andare a studiare a Bologna. Roba da non credere. Ancora ancora, avessero voluto venire a studiare a Torino come già a Bologna. Ma loro no: vogliono venirci a vivere. Vivere. Vivere a Torino. Nell’ex città-fabbrica che città-fabbrica non è più e che, a ben vedere, non è mai stata. E che, questa è davvero grossa, anche se in realtà non c’è troppo da stare allegri, non si vergogna più di divertirsi.

Già: perché i torinesi in realtà si sono sempre divertiti, ma una volta… si vergognavano di farlo sapere. Avevano un’immagine pubblica a cui attenersi. Erano militari. Operai. Intellettuali. Gente abituata alla disciplina e all’autodisciplina. Anche per questo a Torino si sono sempre fatte tante feste private. Molto private. In questa città Roberto D’Agostino non sarebbe mai riuscito a recuperare abbastanza materiale per il suo Cafonal. Vuoi per lo stile, certo, che in riva al Po è differente rispetto a quello che impera in riva al Tevere o dalle parti dei Navigli. Ma anche per l’oggettiva difficoltà a intrufolarsi in determinati ambienti e circoli e luoghi: perché se non hai frequentato lo stesso liceo del padrone di casa col piffero che t’invitano.

Già, funziona così, ha sempre funzionato così e funzionerà sempre così. Noi le regole che informavano la vita nelle caserme e nelle fabbriche ce le portiamo dentro di generazione in generazione, anche se ormai parecchie di quelle caserme e gran parte delle fabbriche sono state chiuse o addirittura rase al suolo. Però, è successo qualcosa: perché oggi come oggi i torinesi non si vergognano più di divertirsi. [...]

Dopodiché, rispetto a Torino è casa mia, questa Torino è casa nostra è anche una piccola storia orale della città, perché in questo volume parlano tanti torinesi, uno che a Torino fa il cioccolato, una che fa l’ostetrica, uno che pulisce il fiume, una che tiene in ordine i giardini, uno che si prende cura degli ammalati, una che ha aperto un locale dove si mangia tedesco, uno che ne ha aperto un altro dove si mangia siciliano… quando uscì Torino è casa mia a un certo punto mi chiesi perché mai non si potesse creare un sito web dove tutti i torinesi potessero raccontare la loro Torino a partire dall’idea che fosse la casa dove vivevano. E così qualcuno di loro me lo sono andato a cercare. Purtroppo non potevo far parlare qui poco meno di un milione di persone. Quelle che mancano facciano sentire in qualche modo la loro voce. Sono certo che hanno un mucchio di cose da dire sulla loro città. Mia. Nostra. Vostra.

Giuseppe Culicchia