ebook di Fulvio Romano

giovedì 21 maggio 2015

Carlin vs McDonald's: La nuova battaglia dell’ideologia alimentare

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Cultura

La nuova battaglia

dell’ideologia alimentare

«L’uomo è ciò che mangia», sosteneva Ludwigh Feuerbach. Vero nella Germania (non ancora unificata) di metà Ottocento, quando il filosofo scriveva, ma ancor più, vien da dire, nell’Italia di questi primi decenni del Terzo millennio (e di Expo 2015). Se la guardiamo bene, la querelle scoppiata tra Carlin Petrini e McDonald’s, all’interno di quell’Esposizione universale che si vuole trasversale ed ecumenica, ci racconta molto della rilevanza non solo materiale, ma anche sempre più marcatamente politica che ha assunto il cibo in questi ultimi anni. Per un verso, l’Italia è Paese «geneticamente» attento alla questione dell’alimentazione e, per l’altro (anche per l’indirizzo molto sociale del pontificato di Francesco), la fame nel mondo sta tornando a essere una questione centrale della geopolitica internazionale. Ma c’è anche dell’altro, appunto, ed è la recentissima occupazione totale del nostro immaginario e della scena pubblica da parte del cibo, che si sposa alla perfezione con i meccanismi dell’industria del tempo libero e le leggi della società dello spettacolo, tra programmi tv e vendite record di libri di ricette. C’è dunque consenso e passione intorno a una «questione nutrizionale» che ha decisamente scalzato in quanto a popolarità la vecchia «questione sociale», a tal punto che lo spirito dei tempi (o, almeno, una sua fetta corposa) della nostra età della fine delle ideologie sembra essere racchiuso proprio qui. E quella che possiamo chiamare «l’ideologia alimentare» parrebbe proprio una sorta di erede dei grands récits e delle narrazioni politiche irreversibilmente e definitivamente tramontate. Hamburger vs. alici di Cetara, e presìdi Slow Food contro McDrive: ecco il nuovo bipolarismo (e pure una riedizione in salsa postmoderna dell’archetipica lotta fra titani).

In questa polemica, in grado di mobilitare e dividere l’opinione pubblica, non ci sono «semplicemente» ed esclusivamente in palio i palati degli italiani. E neppure si può pensare di risolverla salomonicamente ricorrendo alla massima secondo la quale sui gusti non si discute. Precisamente perché questo scontro ha una valenza comunicazionale e simbolica, e vede l’un contro l’altra armate delle autentiche Weltanschauungen, due visioni del mondo antitetiche che, dietro la modalità di sfamare i clienti (o, al contrario, di costruire una cultura e una pedagogia degli alimenti), fanno emergere sensibilità politiche non negoziabili. Archiviate le ideologie novecentesche, ecco le loro versioni riviste e «politicamente corrette»: la sinistra altermondialista e anti ogm di Carlin Petrini, con il suo comunitarismo che si sposa al terzomondismo, contrapposta al neoliberismo alimentare di McDonald’s (che sta peraltro introducendo una linea glocal di ingredienti provenienti da filiere locali, in cui si potrebbe vedere una vittoria della filosofia e del modello della «multinazionale tascabile» di Bra che si chiamava una volta Arcigola).

Il soft power del cibo in chiave ideologica, giustappunto.

Massimiliano Panarari