Esteri
Energie pulite
Energie pulite
L’Italia taglia gli incentivi
Fotovoltaico a rischio flop
AssoRinnovabili: “Nessuno investirà più”
AssoRinnovabili: “Nessuno investirà più”
È duello all’arma bianca tra i grandi produttori di elettricità da fondi rinnovabili e il ministero dello Sviluppo Economico. La materia del contendere è la norma del decreto sulla competitività che taglia (spalmandoli su sette anni) e in modo retroattivo gli incentivi alle aziende che hanno investito nel fotovoltaico. Un assurdo incostituzionale e irragionevole, dicono i produttori di AssoRinnovabili: in nessun paese capitalistico del pianeta le regole del gioco sulla base delle quali un’impresa fa un investimento vengono cambiate unilateralmente. La conseguenza sarà che nessuno vorrà più investire nell’energia pulita in Italia, e che si perderanno preziosi posti di lavoro. Sul versante opposto il governo, secondo cui non è possibile non intervenire sui grandi operatori del fotovoltaico (il 4% del totale, che beneficiano del 60% degli incentivi) che per anni hanno intascato cospicui sussidi a carico delle bollette che garantivano redditività eccezionali degli investimenti. Dal taglio sono esentati i piccoli produttori, ma per chi ha costruito gli impianti aspettandosi certi ritorni la mazzata è pesante. Per qualcuno sarà quella finale.
Durissima la presa di posizione di Agostino Re Rebaudengo, presidente di AssoRinnovabili, che annuncia che se non cambierà la norma, «nei prossimi mesi verranno presentati migliaia di ricorsi sia da operatori nazionali sia internazionali che esporranno lo Stato Italiano a probabili risarcimenti miliardari». Re Rebaudengo ricorda che questa norma retroattiva è l’ennesimo intervento fiscale, normativo e regolatorio sul settore, e che lo trascinerà al disastro. Studi di PricewaterhouseCoopers e Kpmg stimano che il rendimento atteso di un investimento effettuato nel 2010 è passato dal 16,58% al 3,10%, dopo i vari tagli e l’introduzione dello «spalma-incentivi». Il viceministro allo Sviluppo Claudio De Vincenti risponde a brutto muso: legittime, dice, le proteste, ma «sia chiaro che i rendimenti estremamente generosi garantiti in passato oggi non possono essere sostenuti». I ricorsi? «Siamo assolutamente tranquilli».
Non è così tranquillo però il Senato, dove sulla questione c’è gran fermento. Molti senatori della maggioranza hanno presentato emendamenti, e il gruppo del Pd chiede che il taglio ai sussidi venga reso più soft e gestibile. Le proposte vanno da una «soluzione-ponte», che indicizzi gli incentivi ai prezzi di mercato dell’energia, all’introduzione di scaglioni a seconda della potenza degli impianti. La terza proposta è quella dell’emissione di unbond per «cartolarizzare» gli incentivi. Al ministero - dove si ricorda che il taglio, chiesto anche alle Ferrovie e al Vaticano, serve ad alleggerire le bollette delle Pmi - si è consapevoli di dover fare qualche passo a favore dei produttori di energia dal sole. Non con i bond, però, che farebbero aumentare il debito pubblico. Vedremo se la pressione della maggioranza, che pare piuttosto determinata, costringerà il ministro Guidi a più miti consigli.
roberto giovannini