ebook di Fulvio Romano

domenica 27 luglio 2014

Gambarotta: calli e previsioni meteo, elogio dell'imperfezione

LA STAMPA

Cultura

Meteo e vacanze,

elogio dell’imperfezione

«Ne avete ancora di auto grandinate?» domandava un cliente al concessionario, quattro anni dopo aver comprato un’auto a un prezzo scontatissimo perché la carrozzeria era stata qua e là leggermente bollata dalla grandine. L’episodio mi è tornato in mente perché in questi giorni sto facendo scorpacciate di dolcissime albicocche che l’amico verduriere mi ha tirato dietro a un prezzo simbolico.

Albicocche che nessuno vuole perché anche loro sono «grandinate», in pratica sono picchiettate da puntini marroni. Io mangio anche quelli. Vogliamo riscoprire il fascino dell’imperfezione e le opportunità svelate dagli imprevisti? Il 1° settembre del 1973, sulle spiagge della Versilia, comparve un cartello: «Divieto di balneazione». Quell’estate era ritornato, partendo da Napoli, il colera, ma fino al giorno prima, per non guastare il sonno agli operatori del turismo, era stato lecito fare i bagni di mare. Ero con la famiglia in un albergo di Viareggio e ci sarei rimasto per altri dieci giorni. Senza quel benedetto «vibrione», mai saremmo riusciti a staccare i figli dalla spiaggia e a portarli in giro per chiese e musei della Toscana. Il motore di un pullman che riportava a casa un gruppo di anziani dopo la gita di un giorno ha smesso di funzionare dopo la sosta a una stazione di servizio. Ci sono volute quattro ore per far arrivare un pullman di ricambio e tra quegli anziani, già immusoniti dal pensiero del ritorno in una casa vuota, l’imprevisto ha fatto nascere amicizie che durano tuttora. Proviamo a stilare un elenco dei grandi piaceri della vita: nel mio, fra i primi posti, si trova la felicità provata quando all’improvviso si spalanca un vuoto temporale da riempire con un ozio totale, senza sentirmi in colpa. Mi succedeva nei primi anni di matrimonio, in Valle d’Aosta. Il mio attivissimo suocero organizzava la gita a un rifugio, preparandola fin nei minimi particolari. Preparato lo zaino, ingrassati gli scarponi, andavo a letto presto e quando alle prime luci dell’alba sentivo il ticchettare della pioggia sul tetto, provavo una gioia che mascheravo a stento, fingendo un rammarico che era l’esatto contrario dei miei sentimenti. Acciambellato sulla sdraio, stando su un terrazzino coperto dalla tettoia, davanti agli occhi la cortina della pioggia e gli stracci di nuvole impigliati in cime che non avrei più dovuto scalare, ho fatto le più belle letture della mia vita. Da dove arriva quest’ansia di perfezione? Forse da un mal riposto senso del dovere per cui giudichiamo fallita una giornata al mare o in montagna se non abbiamo sfruttato tutte le ore di luce fino allo sfinimento, nuotando o surfando o arrampicandoci senza sosta, tenendo aggiornata la tabella delle prestazioni da esibire il lunedì ai colleghi mentre organizziamo uno sciopero per ottenere la riduzione delle ore di lavoro. Forse nasce dalla consultazione compulsiva dei tablet per sapere il tempo che farà. Fiutando l’affare, sono nati in breve più di 300 siti meteo, chiunque di noi può aprirne uno e guadagnarci con la pubblicità. Qualcuno fra gli albergatori che si ritengono danneggiati ha proposto la regolamentazione della professione, con l’istituzione di un ordine dei meteorologi, il numero chiuso e l’esame per accedervi. Tutto in nome della semplificazione burocratica. In attesa della legge istitutiva dell’ordine, possiamo codificare e medicalizzare la nuova dipendenza; propongo di chiamarla la «meteo addiction», con una cura a base di psicofarmaci e una graduale disintossicazione, togliendo al paziente il suo tablet, oscurando i canali televisivi quando trasmettono il meteo e consegnando i quotidiani dopo averne tagliato le pagine sul tempo. Vogliono sapere che tempo farà? Tornino ad indossare scarpe strette e affidino ai loro calli le previsioni. Quelle sì, sono infallibili.

Bruno Gambarotta


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